Riuscirà papa Francesco a vincere il “derby” del Vaticano?

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In quest’epoca in cui la gente comune è portata al nichilismo (a non  credere a nessun potente imbonitore, politico o religioso che sia), sta destando interesse l’azione di papa Francesco, anche in chi non è della sua stessa fede. Fin dagli inizi, con piccoli segni, fece capire ch’era uomo di rottura: tenne al collo un crocifisso di ferro, anziché d’oro; salutò il popolo romano al suo insediamento papale con un cordialissimo: buonasera! anziché usare parole pompose; scelse il nome di Francesco, lo stesso del “poverello” di Assisi (primo a farlo nella millenaria storia cattolica romana), perché disse di sentirsi vicino agli ultimi: ai poveri, a chi non conta nulla nella società; e via narrando. Potremmo allungare la lista dei segni di discontinuità coi suoi predecessori, i quali, anche fisicamente, volendo dimostrare d’essere i rappresentanti terreni d’un “regno” celeste, pretesero onori  e fasti regali. Lui no. Viaggia in Ford focus, calza normali scarpe, telefona personalmente, ecc. ecc. Niente atteggiamenti regali, si comporta come un normale compagno di viaggio, alla mano, preoccupato più dei problemi altrui che del proprio rango.

Dopo piccoli segni, è passato a dare segnali ancora più incisivi, “scandalosi” per certi tromboni curiali, non in linea con la tradizione. (Come in politica, anche nella Chiesa non mancano i tromboni, quanti si sentono i veri rappresentanti del Verbo cristiano). Ha detto – ad esempio –: “Chi sono io per giudicare un omosessuale?”; invitando a riconsiderare l’atteggiamento della Chiesa verso certi dettami sessuofobici; ha detto, non senza resistenze, di considerare i divorziati parte della comunità religiosa. Insomma, ha tracciato l’avvio del superamento di anacronistici atteggiamenti verso  problemi di coscienza ed esistenziali umani. Non ultimi per importanza, ricordiamo i suoi interventi sui temi economico-sociali: prima del denaro viene la dignità delle persone; non c’è bisogno di carità ma di giustizia sociale; siamo alla terza guerra mondiale economica, in cui le vittime sono masse impoverite e impaurite;…al punto che qualcuno gli ha obiettato: “Ma lei è comunista?” avendo ricevuto una replica inoppugnabile: “L’insegnamento di Cristo, storicamente,  è precedente a quella ideologia”. Nel suo ostinato quotidiano impegno – direi quasi utopistico – di realizzare il dettato evangelico: gli ultimi saranno i primi.

Ma, com’era facile prevedere, i primi ostacoli alla sua missione di ri-evangelizzazione li ha trovati anche in casa propria. Così è iniziato un “derby”, tutto interno alla Chiesa. L’ultimo caso, quando ha condannato la vendita dei sacramenti, col preziario che molti preti pretendono per le loro “prestazioni” professionali: tot per un battesimo, tot per un matrimonio, tot per un funerale,…dichiarando la sua contrarietà, ha sottolineato che questo è uno scandalo condannato dal popolo. Al che, il cardinale Bagnasco –capo dei vescovi italiani-  ha replicato: ma si tratta di una volontà di donare! Intanto che preti e curie vescovili riempiono i loro conti correnti.

Anche i non credenti sono interessati all’esito del “derby” in Vaticano.

 

 

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2 risposte

  1. GABRIELE LOVARI

    Permettimi fabilli la chiesa cattolica nei più potenti uomini della gerarchia della Chiesa Cattolica, si presentano al resto dell’umanità come i rappresentanti sulla Terra del Creatore dell’intero universo, portatori di un messaggio ‘superiore’ in virtù del quale si auto-pongono nella posizione privilegiata di dare indicazioni agli altri in ambiti quali la morale, l’etica, le scelte di vita, la sessualità, cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è sbagliato, la vita, la morte, sconfinando sovente in ambiti che non dovrebbero essere di loro competenza (politica in primis). Purtroppo per loro, nonostante la studiata sontuosità dei riti inventati dei quali sono i celebranti, spesso e volentieri questi signori non sarebbero in grado di dare né dritte di vita e né tantomeno lezioni di morale proprio a nessuno, come dimostrano le notizie di stampa raccolte e nella quasi totalità dei casi taciute dai telegiornali. I fatti dimostrano che coloro che tuonano contro i peccatori e continuano a emettere giudizi trancianti e degradanti per altre persone sono spesso loro stessi uomini assai poco immacolati e irreprensibili, che tuttavia vivono una vita privilegiata. La storia bimillenaria di questa istituzione religiosa abbonda di comportamenti e decisioni politiche non esattamente impeccabili. L’idealistica ispirazione iniziale alle parole e al messaggio del profeta ebreo Yeshùa si è andata col tempo corrompendo sin da quando l’imperatore Costantino capì che poteva usare il cristianesimo come efficace strumento di potere, un processo poi completato nel IV secolo da un altro imperatore, Teodosio, che lo rese religione imperiale. La gerarchia ecclesiastica da allora ha assaporato i vantaggi e i benefici del potere e nei secoli seguenti, attraverso una serie di vicende storiche molto complesse e anche affascinanti, si è adoperata – e si adopera tutt’oggi – per mantenerlo, con la calma di facciata, la pacatezza nei toni (non sempre) e la determinazione d’intenti che la contraddistinguono. Ancora, soprattutto tra le persone con minore livello di istruzione, molti continuano a considerare i membri del clero (socialmente parlando) un gradino al di sopra di tutto il resto della popolazione, ai quali si deve rispetto a prescindere da quello che dicono o fanno. Ci sono anche esponenti del clero che si pongono nella posizione alquanto arrogante di non tollerare critica alcuna, giocando in modo scaltro e studiato con le credulonerie e superstizioni della gente. Potremmo fare molti esempi ma ci limitiamo a Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, che (sul settimanale Oggi n. 11 del marzo 2008) dice: «Sono uno di quei preti che credono all’esistenza del demonio e al fatto che agisce nel mondo» e aggiunge che «L’azione di Satana punta in particolare a sobillare odio contro Cristo e la Chiesa.» Capito il concetto? Chiunque osi dire qualcosa o riportare notizie che in qualche modo mettono la Chiesa in cattiva luce sarebbe un malvagio servitore del demonio. Il personaggio in questione non è certo il solo ad utilizzare questo tipo di argomenti e si potrebbero lasciare ai loro deliranti sproloqui se non fosse che il loro stipendio non venisse pagato anche con i soldi pubblici di tutta la popolazione italiana (compresi coloro che non sono né cattolici né credenti) grazie ai discutibili meccanismi di distribuzione dei soldi raccolti grazie alla donazione dell’8 per mille sulle tasse. Ogni anno, puntualissima, nella stagione delle dichiarazioni dei redditi parte la campagna pubblicitaria della Conferenza Episcopale per invogliare gli italiani a dare alla Chiesa Cattolica il contributo dell’8 per mille. Tanti laccati spot televisivi, trasmessi nelle ore di massimo ascolto (la CEI non bada a spese quando c’è da organizzare la raccolta fondi), nei quali al suono di musiche melodiose si susseguono immagini edificanti di simpatici pretini di campagna e di città laboriosamente impegnati a fare tanto del bene, ma proprio tanto. Bravi. Naturalmente ogni medaglia ha due facce e quando si versano soldi alla Chiesa Cattolica li si danno non solo per interventi assistenziali, umanitari o caritativi (i soli pubblicizzati negli spot) ma anche per “finalità religiose ed esigenze di culto” e naturalmente anche per il fondamentale “sostentamento del clero”, del quale fanno parte anche persone non necessariamente sempre meritevoli dei nostri ‘oboli’. Del clero infatti fanno parte non solo gli adorabili e umili pretini che si vedono nelle pubblicità (ma c’è ancora chi crede alle pubblicità??) ma anche i potenti vescovi e cardinali che girano coi macchinoni, esibiscono anelloni e catene d’oro e pietre preziose, vivono vite di lussi e privilegi e che, spesso e volentieri, hanno anche la cattiva abitudine di interferire con la vita pubblica e nel dibattito prettamente politico del paese. Il che va probabilmente bene per chi è cattolico praticamente ma non tutti gli altri. Il problema infatti sta in quel “tutti gli altri” perché i soldi dell’8 per mille, per via di un complesso meccanismo alquanto discutibile, vanno a finire per quasi al 90% alla Chiesa Cattolica sebbene solo circa un terzo dei contribuenti indichi tale Chiesa come destinataria. Com’è possibile? Lo spiega bene la Wikipedia, la preziosa enciclopedia libera on line da cui è tratto il brano che segue: “L’aspetto più controverso dell’8 per mille è la ripartizione delle scelte inespresse, che attualmente è effettuata secondo un criterio proporzionale rispetto alle scelte espresse. I dati più recenti disponibili indicano che l’otto per mille dell’Irpef sui redditi del 2000 ammontava ad 897.077.447 euro. Di questi il 39,62% (ovvero 355.422.085 euro) è stato destinato in base alle scelte espresse dai contribuenti, mentre il 60,38% (ovvero 541.655.362 euro) è stato destinato senza alcuna scelta dei contribuenti. In virtù di questo meccanismo, nonostante solo il 35,24% degli aventi diritto avesse destinato nel 2000 il proprio contributo alla Chiesa Cattolica, l’87.25% dell’intero gettito da l’8 per mille è stato devoluto alla stessa, grazie al recupero delle scelte inespresse. Il problema è stato portato all’attenzione del Parlamento Italiano nell’ambito di un’interpellanza promossa dal Coordinamento nazionale delle Consulte per la laicità delle Istituzioni. Questo meccanismo di attribuzione automatica delle scelte inespresse è stato definito “una mostruosità giuridica” da autorevoli storici e criticato da diverse personalità dello stesso mondo cattolico, compreso l’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Altre critiche, sorte dal mondo laico, sostengono che: – la ripartizione delle scelte inespresse vìola, di fatto, il principio su cui avrebbe dovuto basarsi il sistema dell’otto per mille. – il fatto che vengono finanziate a fondo perduto confessioni religiose che si dovrebbero autofinanziare. – Viene fatto notare che soprattutto nel caso della Chiesa cattolica, gran parte di questi contributi non ha alcuna utilità sociale. – il fatto che lo Stato italiano, a differenza delle confessioni religiose inserite nella ripartizione, non fa alcuna pubblicità per sé e non informa su come destina questi fondi. Per questa ragione alcuni parlano di “partita truccata”. Quando nel 1996 il ministro Livia Turco propose di destinare i fondi di competenza statale all’infanzia svantaggiata, il “cassiere” della Conferenza Episcopale Italiana Nicora reagì duramente, sostenendo che «lo Stato non deve fare concorrenza scorretta nei confronti della Chiesa»; – il fatto che sono ammesse solo le confessioni sottoscrittrici di un’intesa con lo Stato. Il sito dell’UAAR (www.uaar.it), sostiene che per questo motivo la Chiesa, attraverso i parlamentari cattolici, blocca la ratifica dell’accordo (già sottoscritto) con i Testimoni di Geova e impedisce l’avvio di trattative con gli islamici: i fedeli di queste religioni, ben disciplinati, grazie al meccanismo delle scelte inespresse porterebbero alle loro gerarchie una contribuzione ben superiore alla loro percentuale reale, con un danno valutabile in centinaia di milioni di Euro per la Chiesa cattolica. – il fatto che la scarsa chiarezza del meccanismo trae in inganno non solo il semplice cittadino ma anche la persona colta. Nel sito dell’UAAR si racconta di un giornalista Rai ha dovuto addirittura scusarsi in diretta per la sua non conoscenza del meccanismo; – DETTO QUESTO TU PUOI RAGINEVOLMENTE CREDERE CHE UN GESUITA VADA CONTRO TUTTO QUESTO?” UN CUSTODE DI TUTTO QUESTO O E ‘SOLO COSMESI!!

  2. Ferruccio

    Rispetto il tuo pensiero Gavriel, ma mi limito a confermare la mia opinione strettamente legata al contenuto dell’articolo da me scritto. Anche volessi allargare il ragionamento, sento che non è mia materia da esperto.