Enrico Monacchini, Righetto, lavoratore onesto e mite, bolscevico convinto

postato in: Senza categoria | 2

Montanelli si definiva conservatore progressista e nessuno lo biasimò. Ho conosciuto tanta gente comune che fattasi un’idea sull’affermazione della giustizia nel mondo – per lo meno nel racconto – l’hanno conservata per tutta la vita. E coerenti, allo stesso modo, sono vissuti simpatizzanti fascisti, democristiani, comunisti, socialisti, radicali, anarchici, … Certi considerano questa una posa da cretini: “Solo i cretini non cambiano idea!”. A mio parere è un giudizio offensivo e superficiale; usato, spesso, per difendere giravolte opportunistiche. Quando è in buona fede, la coerenza ideale rappresenta una qualità morale, e una difesa da chi nega il diritto di ciascuno a coltivare ideali e valori. Enrico Monacchini, Righetto, fu uno “coerente”. Iscrittosi al Partito comunista nel 1945 – nato nel 1913 e morto nel 2003- professò fino alla sua morte la “fede” rivoluzionaria bolscevica. Nonostante che, in Italia, quegli ideali avessero perso le adesioni di massa del dopoguerra, essendone sopravvissuti gli “ultimi moicani” tra il popolo; mentre parlamentari sedicenti comunisti uscivano o restavano in scena ben pasciuti per sé e i loro eredi. Righetto non rinunciò alle sue idee, senza calcolarne vantaggi o svantaggi personali. Lavorava sodo, metodico, ispirato all’onestà e al rispetto altrui. Anche in momenti problematici per un militante, come durante l’invasione Cecoslovacca del ’68, rifiutava le critiche agli invasori sovietici; contrastando pure il figlio Italo – dirigente politico di spicco – contrario all’atto liberticida. Così come, in occasione dei campionati mondiali di calcio a Seul, durante la partita Italia – Russia, Righetto tifava per la Russia!… In realtà, fu quel pericoloso comunista che si potrebbe supporre? E’ vero che partecipò con altri al recupero di vecchie armi, residuati bellici, pronti a usarle dopo l’attentato a Togliatti, nell’estate del ‘48. L’episodio turbò parecchio sua moglie, che invano tentò di dissuaderlo. Ma l’ipotesi insurrezionale si spense sul nascere. Ricordiamolo: in seguito all’appello alla calma fatta dal letto d’ospedale dallo stesso Togliatti, e alle vittorie di Bartali nella Grand Boucle. Ma Righetto, in tutto il resto della sua vita fu un lavoratore onesto, pacato, e ragionevole; e nell’esser comunista esprimeva la convinzione sulla bontà dei principi egualitari e di giustizia sociale rappresentati dalla rivoluzione d’Ottobre. Maturò quest’idee verso i trent’anni. Dopo un obbligo militare di leva infinito: ben sette anni! Di famiglia numerosa – con dieci, tra fratelli e sorelle – aveva beneficiato di una certa agiatezza economica dovuta al commercio dei cavalli. Portato al successo da un Monacchini, tal Beppana, così noto da figurare sulle mappe catastali nel toponimo: “Toppo del Beppana”, sulla piana cortonese. Successo dovuto a scaltrezza e dinamismo nei mercati e nelle fiere principali di Acquapendente, Bolsena, Senigallia. Beppana trafficava anche cavalli pregevoli, come dimostrarono le vittorie dei suoi puledri in due palii a Siena e in uno a Valiano. E’ possibile che la sagacia commerciale (indispensabile nel mercato) fosse stata trasmessa a Severino, dedito allo spennamento di polli al gioco delle carte. Righetto non era fiero di quell’attività del fratello, contrario a vite spregiudicate. A causa della crisi nel commercio dei cavalli, soppiantati dai trattori, Righetto fu costretto nel dopoguerra a ingegnarsi in lavori manuali, in prevalenza edili. Fino agli anni Sessanta, quando fu assunto in Provincia come cantoniere. Costretto a rimanervi in servizio fino a settanta anni, per condotte truffaldine dei precedenti datori di lavoro riguardo ai contributi previdenziali. Oggi si è arrivati al pensionamento a 67 anni. Righetto rimase fino a 70 anni a spargere risetta, affondare fossi, ordinare la segnaletica stradale, tagliare l’erba sulle banchine e nei fossi,… sulla strada bianca tra Riccio e Barullo di sua competenza. Del protrarsi di quelle fatiche, era difficile che si lagnasse. Dopo il duro lavoro nei cantieri edili, malpagato e da mattina e sera, visse la nuova occupazione di sei ore al giorno con dedizione e senso del dovere. Il nipote Daniele ricorda lo sfogo del nonno con la nonna, per il disastro provocato da un tremendo acquazzone sulla strada bianca, lisciata a mo’di biliardo da Righetto, e ridotta in un pantano di buche!… Inoltre, quel lavoro gli consentiva di seguire con agio la sua passione principale: la politica. Che significava: partecipare a riunioni di partito e sindacali, contatti tra iscritti, diffusione dell’Unità e partecipazione alle Feste,… attività che, unite alla lettura, egli considerava fondamentali per l’emancipazione collettiva e individuale. In breve, visse intensamente ciò che si teorizzava: il Partito intellettuale collettivo, educatore, luogo di analisi confronto e crescita culturale: scuola di vita sui generis. Partito autoritario e centralistico, ma talmente aggregante nelle “zone rosse” da fidelizzare i suoi elettori in modo tenace e durevole, nonostante le recenti vorticose divisioni e cambi di nomi e simboli di partito. Righetto innanzi tutto spronava sé stesso all’impegno, consapevole dei limiti della sua formazione politico-culturale: sudata e arrangiata. Fiero del figlio Italo laureato in Filosofia. Raccomandava ai nipoti, Daniele e Alessio, altrettanto impegno negli studi, con cui anche figli di classi meno abbienti si elevano al pari d’ogni altro, conquistando libertà di giudizio e di scelta. Padre di tre figli – Italo Ersilia e Rossana -, ebbe una vita tranquilla, senza sussulti. Salvo le tribolate vicende militari in Albania, dove assistette a un terremoto, e corse come un pazzo tra i campi a gambe levate vedendo muoversi pure gli ulivi; e l’avventura, al ritorno dal servizio militare, a fianco d’un tizio che poi si scoprì esser ricercato dai carabinieri per un delitto clamoroso nel Cortonese. Righetto, conservatore negli affetti familiari, ma di idee radicali sulla evoluzione socialista della società, attento agli impatti negativi delle attività umane sugli equilibri ambientali, alle sue esequie civili chiese la presenza del sindaco, Emanuele Rachini, che gli tenne il discorso commemorativo.
www.ferrucciofabilli.it

Condividi!

2 risposte

  1. giuseppe battista

    Caro Ferruccio, Ora che sei in pensione, riprendi a scrivere, così.semplicemente\, storie semplici della nostra storia passata: sai farlo molto bene! Ciao.

  2. Ferruccio

    Ciao Giuseppe, sto seguendo il tuo consiglio divertendomi oltretutto. Ciao