Luigi Lamentini e Alfonso Sciarri (Gigi e Fonzio) paparazzi nella “dolce vita” cortonese

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cortona-immagini-di-ieri Avevo tracciato Lineamenti di storia fotografica cortonese in Cortona Immagini di Ieri (1857-1930), Grafica “L’Etruria”, 1990. Libro remainder. Dei contemporanei, a Cortona, accennavo a Luigi Lamentini, Gigi, e Alfonso Sciarri, Fonzio. Fotografi capaci, personalità spiccate e concorrenti, gelosi del mestiere. Prima che la diffusione di fotocamere e cineprese maneggevoli e a buon mercato e l’avvento dell’elettronica favorisse la crescita di stuoli di fotoamatori, ci fu, nel secondo dopoguerra, un lungo periodo di richieste di foto-prestazioni per cerimonie, fototessere, foto da studio, che pochi erano in grado di fornire, insieme ai prodotti e servizi ad uso e consumo del crescente dilettantismo. Dal primo dagherrotipo cortonese del 1857 (che rappresenta la facciata della Chiesa di S. Margherita di Giovanni Pisano, col portico del XVI secolo) al 1990, la fotografia, da costoso hobby elitario, era evoluta in passione di massa. Col cellulare oggi è possibile a chiunque far belle foto, però resta la differenza tra dilettanti e maestri fotografi, e tra i maestri del passato (in cui le differenze erano più marcate) ricordiamo Gigi e Fonzio, dai cui archivi sarebbe possibile trarre una fantastica cronistoria del loro tempo. Gigi morettino tracagnotto, passo felpato e vivaci occhi scuri, stava a metà Rugapiana; Fonzio capelli e occhi più chiari, diritto ed elegante portamento da lord inglese, aveva il negozio al principio della Ruga, a fianco del biciclettaio Giusti. All’apparenza non facili alla confidenza, in realtà gioviali e spiritosi depositari di segreti personali scovati sviluppando pellicole e trasformati in pettegolezzi da condividere in pochi; scrupolosi nel preservare la loro immagine di persone affidabili. Gigi, ad esempio, raccontava d’aver distrutto molte foto e negativi di concittadini in divisa fascista passati ad altra sponda, o nudi “artistici” di vanitose ragazze poi pentitesi dello… sbracamento. Gigi e Fonzio, quasi coetanei, si rispettavano ma competevano in ogni occasione adatta a dimostrare la propria bravura: in manifestazioni, o all’arrivo in città di personaggi famosi. E, l’indomani, esponevano orgogliosi i loro scatti in vetrina, disposti a farne commercio. Usavano Hasselblad, se non ricordo male, ma di gran lunga la più usata in studio e in campo aperto era stata la Rolleiflex. Non l’attuale automatica elettronica dalle performanti ottiche intercambiabili Zeiss, bensì la bi ottica dall’esposimetro a lancetta e il flash non incorporato a forma d’uovo affrittellato con la vistosa batteria a tracolla, i cui scatti risuonavano solenni nei silenzi cerimoniali: ciak!… quell’apparecchio, che dopo ogni scatto obbligava a girare la manovella del rullino, in mano a Gigi e Fonzio rendeva immagini luminose e nitide. Negli eventi pubblici sfruttavano esperienza e colpo d’occhio, appostandosi nei migliori angoli visuali, ma in feste private (matrimoni, comunioni, ecc.) prendevano il comando da protagonisti: ordinando il fermo azione e persino la ripetizione di gesti cruciali, scegliendo chi far stare in scena e chi scansare… ne dipendeva il gradimento del cliente, perciò si mutavano in accigliati registi. Gigi aveva una lunga storia professionale, iniziata da commesso del tabaccaio Giovanni Polvani, con cui condivise la passione fotografica in uno studiolo nel quale sviluppavano proprie fotografie e di altri fotoamatori, ai quali fornivano il materiale di consumo. Era la stagione delle lastre di vetro e dei pesanti apparecchi di legno, dagli chassis poggiati sul treppiedi, fino all’avvento della celluloide. Gigi, dispiaciuto, raccontava d’un gran numero di lastre di vetro martellate con le sue mani, troppo ingombranti, per recuperare spazi e poca polvere d’argento; consapevole d’aver distrutto parti di storia locale. Degli svariati professionisti antecedenti a Gigi e Fonzio, per brevità, ne riporto un elenco succinto. Girolamo Mancini, in una delle prime guide di Cortona, usò fotografie dell’Istituto Italiano d’Arti Grafiche, della Regia Galleria Uffizi, degli Alinari, dei Brogi, Domini, Rivani, Felice Fierli, Cané, Luci; ancor’oggi, documenti eccellenti. Degli altri, rammentavo nel libro citato, i fotoamatori evoluti: Carlo Lovari, Giovanni Carloni, Felice Fierli, Cristoforo Marri; senza dimenticare gli editori ch’emisero serie di cartoline, riproduzioni di paesaggi e opere d’arte d’ambito locale: Annunziata Polvani, Abaco Ristori, Maria Tavanti Lorenzini. Altri ancora, da considerare bordeggianti tra professione e dilettantismo: Umberto Fieri Fierli, Felice Fierli e il figlio Lorenzo (“possidenti” dediti al costoso hobby, come Carlo Lovari rimproverato in famiglia d’aver speso per apparecchi fotografici l’equivalente costo d’un podere!), insieme a professionisti quali: Francesco Pais, Nino Rebizi, Alfredo Bracali (all’anagrafe, segnatosi modestamente “bracciante”), Aladino Crocioni, Virgilio Fedi, Lino Carrara, Rinaldo Ricci, Giuseppe Tribbioli, Angiolo Tariffi. Qualcuno sfuggì senz’altro a quella lista, come quel Quintiglio Del Buttigli che faceva “arsumgli” alla Pietraia, ricordato da don Sante Felici. Tutti quanti documentatori di storie personali, familiari e collettive, e loro stessi protagonisti di spiritose scenette. Nel primo Novecento prese piede la moda di mettere una foto del defunto sulla lapide cimiteriale, e quando il morto non aveva ritratti da vivo glielo si faceva sul letto di morte. Si racconta che, in una di tali circostanze, il fotografo Giuseppe Tribbioli, convocato al capezzale, riprodusse non l’immagine del morto bensì le palle della lettiera!…alle rimostranze dei parenti, si disse che il Tribbioli avesse risposto: “Il morto… s’è mosso!” Questa e altre storie spassose raccontavano Gigi e Fonzio, senza cattiveria, semplicemente per il gusto della facezia arguta. Testimoni disincantati del loro tempo, avevano scelto un mestiere che consentiva loro d’intromettersi nell’intimità dei cortonesi – per la durata d’una cerimonia o d’un ritratto in studio o d’un nudo “artistico”,…- conquistandone l’affetto, e condividendo il piacere di lasciare ricordi perenni di sé e dei concittadini, superando per immagini la caducità della vita. www.ferrucciofabilli.it

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