ITALO PETRUCCI, ufficiale, sindacalista, sindaco,… gentiluomo

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Non è superfluo ricordare che qui non descrivo biografie, ma sprazzi di ricordi.

Italo Petrucci si diplomò Perito Agrario presso il Vegni di Capezzine. Rinomato per formazione di fattori e sottofattori al servizio dei latifondisti, tra i cui allievi prevalevano idee politiche destrorse e moderate. Salvo rare eccezioni, come quella di Italo e dell’altro comunista e confinato dai fascisti Santi Bistarelli (nel dopoguerra sindaco di Tuoro sul Trasimeno). Italo fu sindaco di Cortona, per un decennio, negli anni Sessanta. Successione “scomoda” al popolare Gino Morelli, scomparso prima del tempo, stimato amministratore pur dal moderato Farfallino, direttore dell’Etruria. (Di Morelli si diceva fosse così avveduto da controllare, sul far del giorno, il lavoro degli spazzini nei vicoli cortonesi. Circostanza – secondo i maligni – motivata da giri clandestini per avventure galanti).

Le competenze professionali su questioni agricole favorirono la carriera di Italo, impegnato in difesa dei mezzadri, da dirigente di partito e sindacalista. Incarichi non nettamente distinguibili, allora, non incompatibili. Negli aspri contrasti del dopoguerra, fu prezioso sostenitore delle cause dei più deboli, mezzadri e braccianti, aggiungendo alle competenze professionali il prestigio d’essere stato un ex ufficiale dell’esercito. Di fronte a lui, le forze dell’ordine incaricate di reprimere le proteste avevano occhi di riguardo, persuase dalle sue maniere garbate e dagli argomenti; determinato ma rispettoso verso gli interlocutori. Italo, in più occasioni, fu decisivo durante scioperi e manifestazioni di protesta a tutela dei contestatori, riuscendo a rabbonire la piazza e ottenere concessioni a favore della stessa. Esiti che raccontava fiero. Come rinverdiva le peripezie da ufficiale gentiluomo, sballottato in situazioni tristi o galanti. Bell’uomo, longilineo, elegante, dai baffetti malandrini, capace di fare il baciamano alle signore in perfetto stile, ricordava divertito le pozioni miracolose somministrategli da una dottoressa rumena(?) che l’avrebbe rimesso in sesto dopo un deperimento fisico grave con terapie portentose, superiori al mitico Gerovital…

Bontà, intelligenza ed eleganza di Italo a contatto con certe rudezze, degli scherzi di compagni burloni, dettero luogo a divertenti storie da lui sopportate con bonomia.

Da sindaco comunista, certi bricconi gli insinuarono il dubbio che per la sua carriera sarebbe stato deleterio offrire smancerie ai regnati del Belgio, in visita in città. Ma come avrebbe potuto negarsi alla regina Fabiola, devota di Santa Margherita, in pellegrinaggio per  ricevere la grazia di avere un figlio? (Grazia che non ottenne). A causa di quelle dicerie ricattatorie, in quei giorni Italo si destreggiò, da slalomista in mezzo ai paletti, seguendo quanto l’etichetta gli suggeriva, dispensando ossequi e baciamani alla regina, deludendo gli anticomunisti pronti a criticare eventuali gesti del sindaco irriguardosi versi i reali belgi, che non ci furono.

Un altro scherzo attendeva il buon Italo, ordito da compagni cazzari.

Era l’epoca dei golpe, veri o presunti, che tenevano in allarme i partiti, specie di estrema sinistra.  Durante l’allerta, s’invitavano gli attivisti a non dormire in casa, onde evitare facili catture poliziesche, nell’eventualità d’un golpe. Nottetempo, un gruppo sparuto si presentò al domicilio di Italo, invitandolo a dileguarsi subito! L’ordine veniva dal Centro. I dirigenti di spicco come lui avrebbero dovuto in fretta e furia scappar di casa, e rifugiarsi in montagna. Ma il mite sindaco, contrario a lasciare il tepore domestico, argutamente rispose: “Che fretta c’è?!… ho un’uscita secondaria,  caso mai, scapperò da lì…”  Lo stesso perentorio invito burlesco fu rivolto a un dirigente politico della Valdesse, che rispose: “La mamma non sta bene!… devo accudirla, verrò domani in montagna!”. Invece abboccò un Assessore, ligio ai diktat del Partito, dando luogo a una scena pre-Fantozziana: in fretta, saturò la piccola Bianchina con un grosso materasso arrotolato, una doppietta (avendo occhiali simili a culi di bicchiere, cosa avrebbe centrato?!) e una grossa radio a valvole (dove avrebbe attinto la corrente elettrica?!) pronto alla fuga!… finchè gli fu svelata la burla.

Fuor di facezie, riassumere le situazioni affrontate dal sindaco Petrucci sarebbe interessante, ma vasto. Limitiamoci ad alcuni titoli. Favorì il gemellaggio con la città di François Mitterrand. Mentre la crisi mezzadrile – conclusa in un mare di vertenze aziendali, fino alla soppressione di quel contratto – provocava  rivolgimenti sociali epocali a Cortona. Oltre diecimila abitanti emigrarono nei poli industriali toscani. In loco, ebbero vita breve esperienze imprenditoriali d’una qualche consistenza, durando solo la rete artigianale di microimprese diffuse nel territorio. Ex mezzadri si aggiunsero al novero dei coltivatori diretti, agevolati nell’acquisto di fondi, mezzi, sementi, carburanti,.. A seguito del boom di nascite negli anni Cinquanta, fu necessario costruire nuove scuole elementari. Il Comune, anche assumendo direttamente, fronteggiò per quanto possibile una crisi occupazionale devastante. In Città fu rafforzata l’Azienda di Soggiorno nell’intento di sviluppare il turismo, dopo che il Comune aveva posto il vincolo di inedificabilità sul cono collinare… Senza dimenticare le tensioni politiche da guerra fredda, per cui,  attraverso il controllo sugli atti da parte della  Prefettura, si rendeva difficile la vita al Comune rosso limitandone l’autonomia di spesa.  In tal contesto, non mancò a livello locale la partecipazione al dibattito sui temi di politica nazionale e internazionale. Basti ricordare, a favore del disarmo nucleare,  l’imponente marcia della pace da Camucia a Cortona (sul modello della Perugia – Assisi) promossa da Petrucci, sospinto da Aldo Capitini e da numerosi intellettuali giunti a Cortona in quella circostanza.

Pure impegnato nel PCI, Italo fu accolto tra i membri dell’Accademia Etrusca.

Del sindaco gentiluomo rimasero, tra i dipendenti comunali, certi pettegolezzi sulle sue vere o presunte manie. Italo teneva alla privacy negli incontri in ufficio, perciò aveva installato una serratura apribile solo dall’interno, intesa a bloccare gli intrusi in caso di ricevimenti particolari… Amava il suo cane, al punto che telefonando a casa non mancava di farselo passare  per vezzeggiarlo un po’… Fu anche candidato al parlamento, avendo come competitore il sindacalista CGIL Bitossi. I compagni lo convinsero del successo, argomentando che: “Bitossi è gobbo e malfermo di salute! Anche se vincesse lui, gli subentreresti subito!… presto andrà al Creatore!” frasi che Italo ripeteva a chi gli avesse chiesto previsioni sull’esito del voto. Ottimista, pare si  fosse premunito pure rinnovando il guardaroba, adatto al parlamento. Se nonché fu “trombato” a vantaggio di Bitossi. Costui – sapute le chiacchiere sparse sulla sua salute – si vendicò, durante un incontro occasionale, apostrofandolo: “Italo, tie’!…” unito al gesto teatrale dell’ombrello.  Ma il flemmatico Italo incassava il buono e il cattivo con spirito sportivo.

Concluso il mandato di sindaco, seguitò con passione l’impegno politico dedicandosi all’Alleanza Contadina, sindacato che raccoglieva ex mezzadri schierati a sinistra, e riservando più tempo agli affetti della sua vita: la moglie Giuliana e la figlia Fabrizia.   www.ferrucciofabilli.it

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