Il ricordo del vescovo Franciolini e il danno a Cortona soppressa la Diocesi

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ferruccio 1In Comune, non era intenzione degli organizzatori de L’Etruria svolgere una cerimonia retorica, vuota di senso, a trent’anni dalla scomparsa dall’ultimo Vescovo residente a Cortona, Giuseppe Franciolini. Infatti, il memoriale è partito subito crepitando. La piccola truppa di opinionisti locali de L’Etruria veniva rimproverata dal sindaco Meoni di non aver invitato il Vescovo di Arezzo, contestando la “grave scorrettezza istituzionale”, a cui ha fatto seguire ricordi di infanzie felici, come la sua, all’ombra dell’educazione religiosa, in parrocchie e oratori. La replica di Lucente è stata chiara. In difetto non erano gli organizzatori dell’evento, giornalisti  laici e indipendenti, bensì le gerarchie ecclesiastiche aretine, alle quali spettava prendere un’iniziativa simile. Meglio ancora se più articolata della breve cerimonia di due ore, basata su ricordi spontanei dei partecipanti. Il Vescovo, vissuto un cinquantennio a Cortona, avrebbe meritato almeno una giornata di memorie organizzata dai suoi confratelli. A cui, magari, sarebbe stato opportuno far seguire studi approfonditi su Franciolini, per capire i motivi dell’ampia stima riscossa in vita, in ogni ambito, cultuale e sociale cittadino. Avendo, Egli, traversato mezzo secolo tra i più duri – in tempi recenti –  della storia nazionale e locale, dagli anni trenta agli anni settanta/ottanta del Novecento. Tuttavia, della Curia aretina, era presente il Vicario del Vescovo. Un giovane quarantenne, il cui compito principale è stato lodare il sindaco per le parole spese a favore della pedagogia religiosa, ma era  evidente il sottinteso: la lode al sindaco era per la smaccata presa di posizione a favore del grande Assente, il Vescovo Fontana, contro gli organizzatori dell’evento. La premessa polemica non ha impedito un ricordo corale pacato, piena di spunti, inteso a evidenziare, con numerose testimonianze personali, il carattere poliedrico di Franciolini, attento alla vita dei singoli, alla cura del suo ministero, alla vita cittadina. Cura amorevole,  risuonata in aula dalla sua viva voce nella nota frase: “Cortona è la mia sposa e io sono il suo sposo indegno”, dal documentario di Luigi Vannucchi, girato poco avanti la sua scomparsa. Già dal 1977 si sapeva che Franciolini sarebbe stato l’ultimo vescovo residente a Cortona. Vicenda che l’aveva angustiato, per giunta  impotente, imposta contro la sua volontà. La nuova autorità del Vescovo di Arezzo presto gravò su Cortona, dando prova tangibile del nuovo potere già all’esequie di Franciolini. Immortalate in una poesia, letta da Carlo Roccanti, in cui si ricorda il funerale di Franciolini fatto alla chetichella. Il vescovo di Arezzo, D’Ascenzi, richiesto di traslare la salma con processione dal palazzo vescovile, dov’era il feretro, al Duomo, per la cerimonia funebre, in risposta, impose lo spostamento della salma alla chetichella. Ciò non impedì grande afflusso di popolo al Duomo, che si rivelò incapace di contenere la folla accorsa. Ma il segnale era chiaro: c’era una nuova gerarchia nella diocesi Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Prima veniva Arezzo, le altre diocesi, ufficialmente non soppresse ma accorpate, di fatto ridotte a semplici nessi storici; la nuova organizzazione irradiava dispoticamente il potere dal centro alle periferie. Non ci volle intelligenza a capire tale evoluzione, già dal ‘77, quando fu decisa questa novità. Oltretutto la chiesa non è governata da princìpi “democratici”, essendo basata sull’autorità del vescovo. In previsione di tale scenario pessimo, io, sindaco, e, il presidente di Circoscrizione, Nicola Caldarone, ci recammo dal primate toscano, cardinal Benelli, a reclamare il nostro dissenso. Ragionando che altre diocesi erano rimaste in vita, come Fiesole e Orvieto (Lucumonie etrusche) e altre ancora, dai requisiti simili a Cortona. Fu un buco nell’acqua. Però, ci provammo. La storia recente ha accentuato il divario di prospettive e interessi tra Arezzo e Cortona. Come sull’uso dell’ex episcopio, che ha coinciso con l’altro conflitto tra le città: sulla destinazione d’uso dell’antico ospedale di Cortona. Dimostrando, in entrambi i casi, che il potere aretino considera Cortona subalterna. Dove il potere locale è stato ventre molle, il Comune, sulle vicende dell’ex ospedale; mentre non si è tenuto conto del parere del clero e dei parrocchiani cortonesi, sull’ex episcopio, non essendo interpellati. Sul conflitto di interessi, tra Arezzo e Cortona, ho centrato l’intervento in ricordo di Franciolini. Egli vivente, seminarista prima e sindaco poi, io ne avevo ammirato il ruolo nella società cortonese, di collante socioculturale anche per non credenti, grazie a doti umane, politiche, e di mecenatismo. Egli arricchì Cortona in modo straordinario. Basterebbe ricordare, per l’arte, i mosaici di Gino Severini,  finanziati anche a sue spese. E la lista di opere recuperate, tutelate e acquisite da Franciolini, sarebbe lunga, alle quali si  è accennato, nell’occasione, anche da Isabella Bietolini. Tantoché, il vescovo Bassetti pensò di fare dell’ex episcopio un Museo, contenitore degli oggetti raccolti da Franciolini, a cui aggiungerne, magari, gli archivi. Quand’era tutto pronto, il vescovo subentrato, Fontana, decise di destinare a uffici l’immobile restaurato. Tutti zitti, tranne L’Etruria, col direttore Lucente. Polemica che sortì il solo l’effetto di sapere dove, pare, sia depositato il materiale museale. Questo è il motivo maggiore dei dissapori tra Curia aretina e il periodico locale. Tuttavia, la memoria di esempi di civismo e altruismo dati da Franciolini ha suscitato nei presenti molti interventi, evocando l’esigenza del “confronto”, anche tra opinioni contrapposte, indispensabile alla crescita comunitaria. Tema su cui, particolarmente, s’è soffermato  Italo Castellani, consacrato prete da Franciolini, e oggi vescovo “in pensione”. Tema cruciale, il “confronto” come metodo, presupponendo idee da sviscerare e condividere, condizione auspicabile a Cortona, anche in memoria di Franciolini, ma che troppa strada allontana da tale obiettivo. L’assenza di partecipazione, in questo momento, sta impoverendo sia la chiesa che la società civile. Che “la società liquida” sia processo irreversibile, come previsto da Zygmunt Bauman? Povera democrazia.

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