GIUSEPPE FAVILLI gran cerimoniere della Città  

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Maestro elementare severo, forse meno del collega Alfiero Scarpini – almeno così dicevano gli scolari. A quei tempi a scuola erano in uso scappellotti non censurati dai genitori, caso mai duplicati a casa! Giuseppe, amante dell’ordine e della disciplina,  durante le parate non sdegnava indossare la divisa e partecipare alle obbligatorie – quanto ridicole – coreografie fasciste, mentre i ragazzi dovevano far attenzione agli occhi inflessibili dei loro maestri. Alle parate venivano aggregate le scolaresche in funzione estetica – erano scenografici i ragazzi e le ragazze in grembiule o in divisa da Figli della Lupa, Balilla, Giovani Fasciste…– e in funzione pedagogica: “libro e moschetto fascista perfetto”, ai piccoli è bene mettere subito il giogo, da grandi è più difficile.

Crollato il Regime, il maestro seguitò a inquadrare i ragazzi nelle manifestazioni pubbliche e poté prendersi la libertà di seguire gli insegnamenti politici del suo avo: Esaù. Tra i primi dirigenti socialisti cortonesi. Puntiglioso nel districarsi tra le fazioni che lacerarono il socialismo italiano fin dalle origini, in un momento cruciale dello scontro a livello comunale fece addirittura stampare in tipografia le sue posizioni riformiste (il conflitto – ricordiamo – era tra riformisti e massimalisti). Così come, nel secondo dopoguerra, si ripresentò ai socialisti un nuovo dilemma a dividerli: tra “filo-comunisti” e “filo-occidentali”; Giuseppe da azionista, prima, socialista poi, finì socialdemocratico. Tuttavia, nel contesto cittadino, pur prevalendo i comunisti e gli alleati socialisti, a rappresentare Cortona nell’Azienda di Soggiorno fu designato Giuseppe. Bonario, sagace, sornione, sorridente, dalla parlantina facile, divertiva gli ospiti venuti da fuori con discorsi infervorati su storia e bellezze di Cortona.

Come declamavano slogan politici allora in auge: “Marciare divisi per colpire insieme”, Favilli nell’Azienda di Soggiorno – che diresse per anni – e l’Amministrazione comunale, s’incamminarono con successo sulla nuova via dello sviluppo cortonese: il turismo. I mezzi economici erano modesti, ma il contesto si prestava egregiamente allo scopo, tanto da far balzare in pochi anni all’attenzione nazionale e internazionale Cortona come meta turistica e sede per studenti stagionali, provenienti dal nord Europa (inglesi e svizzeri) e dagli Stati Uniti (Georgia University). Il turismo culturale, meno spendaccione nel giorno per giorno – ad esempio, del turismo termale – più stabile e duraturo, alla lunga risultava redditizio.

Un obiettivo sfuggì a Cortona: quel che divenne celebre come “Festival dei due Mondi”, realizzato a Spoleto. Le due città, sostanzialmente, si equivalevano: per  qualità e conservazione architettonica e paesistica, e per dotazioni infrastrutturali (teatro, piazze, chiese), ma determinante fu il fattore umano: legami e conoscenze portarono il maestro Menotti a scegliere la città Umbra, anziché Cortona. Di quello smacco, Favilli, se ne doleva spesso, e a buon diritto, però ne trasse insegnamento: nella cura maniacale, ossessiva, delle relazioni personali. Decisive nel trasmettere fiducia all’ospite intenzionato ad avviare a Cortona attività culturali, di studio, o d’altro. Gli amici di Giuseppe sorridevamo dei pistolotti che propinava a gruppi o personaggi ospiti. Farciti di riferimenti culturali e di simpatiche facezie locali, spesso ripetute nel solito ordito. (Anche se in privato sciorinava quantità di storie con cui avrebbe riempito un volume, tutte perse con la sua dipartita). Altra specialità di Giuseppe, pure preso alla sprovvista: se c’era da improvvisare un discorso di circostanza non si sottraeva. Attore consumato, pacatamente in avvio e poi in un crescendo sempre più accalorato – col sorriso stampato nel volto ovale come gli occhiali a goccia, e ai lati della bocca due grumelli scuri di caffè e nicotina delle Stop senza filtro sempre accese – ad ampi gesti, assecondati dalla mimica facciale, illustrava Cortona e adulava gli ospiti occasionali. S’era il caso, dal sorriso virava alla commozione con la stessa efficacia, riuscendo pure a inumidirsi gli occhi. Senza dubbio, era un passionale convinto.

A quel tempo amministrare il Comune o l’Azienda di Soggiorno non erano incarichi remunerativi, ripagati però dalla soddisfazione di piccoli e grandi successi. La modestia nel vivere di Giuseppe era svelata anche dalla trascurata dentizione, distrutta precocemente dalla nicotina e mai del tutto ripristinata. Tuttavia, il fisico florido rivelava ganasce  efficienti. Mentre covava un’annosa e grave sofferenza per la cronica malferma salute dell’unica figlia, Laura. Che gli sopravvisse poco tempo.

Per Giuseppe, il compito di cerimoniere e promotore della Città era una missione che svolgeva quotidianamente con religiosa dedizione: ascoltando le critiche degli ospiti e impegnandosi da protagonista su questioni che riteneva potessero compromettere o migliorare l’immagine di Cortona. Esponendosi pure a qualche disavventura.

Come quando incollerito coi giardinieri comunali ch’avevano potato gli alberi della rotonda del Parterre – a suo avviso in modo incongruo -, preso sottobraccio Caldarone Presidente di Circoscrizione lo trascinò sul luogo del misfatto. Sfortuna volle che, nella foga, inciampando, rovinasse a terra, mettendo in imbarazzo l’accompagnatore, scosso dalle risa, mentre lo stava soccorrendo. Altrettanto gustosa fu la polemica tra Giuseppe e il nuovo direttore dell’Etruria, Enzo Lucente. La controversia finì sulle pagine del periodico, che ribattezzò il povero Giuseppe Favilli in Beppe Fava! Non si sa se per svista tipografica o per vendetta editoriale. Esempio di scazzi locali, sale di una comunità, tra protagonisti che non si sottraggono al dovere civico di sostenere a spada tratta i propri punti di vista. Diatribe che, senza venir meno amicizia e rispetto, ogni tanto debordano in dispetto. Oltre al ricordo della simpatia emanata e di qualche impuntatura caratteriale, resta di Favilli il contributo importante a quel ch’è l’odierna fortuna turistica di Cortona, a cui dedicò generosamente tempo ed energie.

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