DONATORI DEL SANGUE, IL POPOLO CHE S’AIUTA SENZA RETORICA

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Dopo la sera al “Veglione del donatore” dell’AVIS di Tuoro sul Trasimeno, spendo due parole di elogio per tanti volontari che fanno un gran bene donando sangue. Giunti all’età in cui rifuggiamo adunate organizzate da  preti o ras politici in cerca di vender storie mirabolanti, riassaporiamo il piacere di condividere l’allegria e la risoluzione d’un popolo di cui sei fiero partecipe: spontaneo non venale, organizzato nel soccorrere in modo anonimo chi è nel bisogno. (A donar sangue, spesso, siamo indotti dal bisogno di amici o parenti, è un percorso molto duro ma efficace).

Il veglione alla Cima, nel bel mezzo del carnevale,  in passato era ritrovo mondano di donne e uomini giunti fin da Perugia e dai comuni vicini a cenare e danzare in eleganti abiti da sera. Segno dei tempi, quello sfoggio s’è trasformato in miscela di casual e raffinatezza nel vestire, però quel che resta immutato, anzi pare rafforzato, è lo spirito d’una comunità adunata in festa, una volta l’anno. Presente quasi un abitante su sei del piccolo Comune rivierasco del meraviglioso lago Trasimeno.

Pur trascorsi cinque anni da quando smisi di lavorare in quel Comune e tornato a donar sangue in Valdichiana, ho avuto il piacere di rivedere i tanti che, ieri e oggi, pensano al bene della loro paese, dedicandovi tempo ed energie.

Farò arrabbiare i proibizionisti della caccia, ma come non riconoscere ai cacciatori il merito di aver fornito la cacciagione ed essere stati la colonna portante della complessa organizzazione d’una cena per circa quattrocento commensali. A partire dal cuoco, un cantoniere in pensione, che da venticinque anni presidia la cucina da cui sono usciti cibi generosi per quantità e qualità.

Spezzo una lancia a favore di questa categoria antropologica, i cacciatori, tra cui albergano pure fanatici dello sterminio di specie animali, ma, per gran parte di loro, quest’hobby rappresenta scampagnate, rosticciane, chiacchiere… residui ancestrali del libero star insieme dell’uomo proto cacciatore che aveva l’unico segno nella volontà di sopravvivere…un bisogno umano che, pure assumendo nuove fogge “lo star insieme per sopravvivere”, niente sarà in grado di cancellare.

Gli stessi spiriti liberi di Tuoro, li ritrovi in altri momenti di solidarietà come nella Protezione Civile, l’Antincendio, la Pro Loco… scevri da toni retorici o utilitaristi, perché l’associazionismo è sacrificio. E, ogni tanto, voglia di star insieme per onorare in allegria Bacco e Venere, senza preti o politici autorizzati a mettere il cappello su iniziative laiche che il popolo sente proprie al di là del credo o dell’appartenenza sociale. Momenti felici in cui può capitare, come quest’anno, di dedicare il ricordo a chi faceva parte del gruppo e non c’è più. Ma il cui testimone non s’è perso, bensì raccolto dai superstiti, con affetto e malinconia. Da facce straordinarie, che avrebbero arricchito il campionario di espressioni immortalate nel cinema del grande Fellini. Anche questo è il Veglione del donatore di Tuoro: un Amarcord ruspante.

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