ANGIOLO, “Scandaglio”, Alì Babà tra Quaranta Ladroni

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Angiolo Salvicchi detto Scandaglio – per capacità impressionanti di recuperare palle, nel gioco della pallavolo, schiacciate nei suoi pressi – basso di statura, aveva un capoccione. Forse, causa della particolare struttura corporea andava ricercata nella fame patita da ragazzo: la capoccia brillante era necessaria per procacciare cibo al corpo minuto. Privazioni che Angiolo – battendo sui fianchi ripetutamente le mani a taglio – ricordava: “La fame ch’ho patitooo!…” a chi si meravigliava della tenuta formidabile del suo stomaco. In certi pranzi compensava in modo pantagruelico le pene di gola passate. E trovarlo di cattivo umore non era facile. Anche se abbattuto, non perdeva l’ironia, citando metafore o episodi tragicomici a mo’ di scacciapensieri. Come quando raccontò – in seguito al grave incidente che lo ridusse in fin di vita – d’essersi visto dall’alto, sdoppiato dal corpo, a incitarsi: “Forza Angiolo! Devi farcela!…” Perciò Angiolo può considerarsi, a buon  diritto, tra i massimi filosofi stoico-edonisti Cortonesi. Infanzia stentata, tra orfani in collegio (se ben ricordo) a perfezionare l’arte della sopravvivenza. Assunto all’Ospedale, ne divenne Provveditore Economo per anni. Sbocco naturale per colui che ritenne prioritario conquistare un “posto” in grado di garantirgli la sicurezza alimentare. Per poi mettere a disposizione dei ricoverati la sua tenacia nel provvedere ai tre pasti al giorno. E non mancò al dovere giornaliero di fornire: vitto, medicamenti, coperte, riscaldamento e quant’altro necessario nella complessa organizzazione sanitaria. Cambiavano amministratori e medici, più o meno capaci, e c’era pure da fare i conti, nel secondo dopoguerra, con cicli economici d’un Paese esposto ad alti e bassi anche clamorosi.

Scandaglio se la cavava lo stesso, con pochi o tanti soldi. E se qualcuno, sottovoce o sfrontatamente, insinuava ch’era un profittatore, non si scomponeva. Anzi, rintuzzava il fuoco col racconto spassoso di quando, mescolato a un discreto numero di economi italiani, fece visita a una multinazionale di prodotti per l’igiene – la Henkel. Portavoce del gruppo, dinanzi al direttore generale – tendendogli la mano  – si presentò così: “Piacere! Alì Babà e i Quaranta Ladroni!…” indicando i colleghi. Inutile nascondersi: qualcosellina agli economi era impossibile non rimanesse attaccata alle dita… (Il fenomeno in Italia è comune a tanti altri “servitori dello Stato”, non solo Economi, sottraendo all’erario ogni anno oltre 60 miliardi di euro).

Pronto e sagace se la sbrigava in ogni circostanza. Come quando fu annunciata un’ispezione ministeriale. La preoccupazione principale era far corrispondere il patrimonio iscritto nell’inventario con quello realmente posseduto. Alla verifica, mancavano delle coperte. Non che quelle ospedaliere fossero di pregio – allora come ora -, tuttavia, nel continuo via vai tra malati, parenti e personale, più d’uno s’era fottuto il copriletto. Agli addetti del guardaroba, Scandaglio ordinò che un certo numero di coperte fosse diviso in due allo scopo di pareggiare i conti tra l’inventariato e il materiale disponibile. Con quell’espediente furono gabbati gli ispettori ministeriali. Ma anche se ne fossero avveduti, di fronte a tante ruberie viste in giro, avrebbero probabilmente chiuso un occhio su quella misera frode. In molti ospedali italiani, ben più costosi sarebbero stati i danni da denunciare. Come, ad esempio, forniture di apparecchi mai usati giacenti in remoti nascondigli.

Angiolo aveva una personalità risoluta verso chiunque, però, fedele all’azienda, lavava i panni sporchi in casa e non in piazza. Senza risparmiare critiche o prese in giro a chi lo meritasse, con l’aggiunta di arguzie carnevalesche.  Quel che capitò a Gino Svetti – tra i più diligenti amministratori con cui ebbe a che fare. Scandaglio, sapendo della sua imminente decadenza – approfittando che ogni giorno Gino passava nel suo ufficio con qualche problema da risolvere – l’accolse burlescamente: “Svetti! ora hai finito di rompere i coglioni!…” facendogli il gesto dell’ombrello. Di lì a poco, Gino venne rinominato amministratore, seguitando tra i due  scambi di battute salaci, e l’impegno di Angiolo a risolvere le beghe prospettate dal coriaceo superiore.

Un capitolo lungo meriterebbe Scandaglio organizzatore e animatore di feste e bisbocce. Gli piacevano compagnie allegre e gaudenti. E nessuno del suo giro di amicizie si sarebbe permesso mai di escluderlo da una strippata. Sempre disposto a  imbrancarsi. Ricordo un viaggio di cortonesi a Paternopoli, in occasione del terremoto degli anni Ottanta. Riparati dal freddo e dal nevischio sotto una lamiera precaria, dentro un secchio fu preparata una gigantesca spaghettata al peperoncino. I cortonesi avevano sufficienti cibarie per sé e per i terremotati, i quali  portarono una damigiana di squisito aglianico che ben presto volatilizzò! Durante la cena i paternesi s’erano lamentati d’aver visto a Battipaglia tanti beni di soccorso dei quali a loro nulla era toccato – a una settimana dal sisma – salvo il materiale di Cortona. Scandaglio, complice l’alcol, impiantò un comizio infervorato: invitandoci a correre a Battipaglia tutti insieme!… A stento, venne neutralizzato quello slancio generoso.

Altro episodio. A Chateau-Chinon. (In occasione del gemellaggio tra Cortona e la città francese, con Angiolo, a lungo, assiduo protagonista). Un assessore cortonese snob, ospite atteso dal capo dei pompieri, invece di raggiungere il Morvan stava spassandosela a Parigi. Gli organizzatori locali suggerirono di rimediare alla scortesia facendo visita al pompiere. Tra i primi volontari, trovai il pompiere talmente affranto che zampillava lacrime come fontanelle – mai visto prima –, inumidendo persino chi gli era di fronte! Felice di vederci e sfogare l’amarezza, cavò dal frigorifero le prime bocce di champagne d’una ricca provvista.  Quando barcollanti scendemmo le scale, stava arrivando Scandaglio con altri cortonesi volontari dello sbevazzo. A quel punto fummo sicuri d’aver risolto l’incidente diplomatico, e lo champagne del pompiere non avrebbe preso d’aceto.

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