Ada Negri e Ettore Patrizi, una storia d’amore intrecciata con pagine di storia italiana

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patriziIl libro “Ettore Patrizi. Da Montecastrilli a San Francisco” di Giacomo Pellicanò, Intermedia Edizioni, racconta un Ulisse contemporaneo – nel libro denso di testo, note, fotografie, documenti, esito d’una ricerca accurata in Italia e negli Stati Uniti.
Quell’Ulisse, senza legami matrimoniali in Italia, tornerà occasionalmente nella sua Itaca, avendo spostato altrove il baricentro della propria vita.
Intellettuale curioso, attratto dalle novità prodigate dal suo tempo, vi si getta con passione. Eravamo in piena esplosione dell’epoca contemporanea, dal dinamismo globale mai visto prima. Per un giovane portato alla politica, al giornalismo, amante della bella musica, a fine Ottocento, quale meta migliore di Milano? Città guida, nel bene e nel male, del progresso economico, politico e culturale italiano.
Nella formazione del giovane Ettore Patrizi, laureando in ingegneria, furono essenziali le eccezionali opportunità d’incontri eminenti con politici, giornalisti, musicisti, artisti, letterati e, non ultimo per importanza, l’incontro con Ada Negri grande amore della sua vita. (Non sta a noi dire se per lui fu il più grande amore, per lei lo fu quasi per certo). Quel tenero legame sentimentale, capace nei giovani in molti casi di sviarli da aspirazioni avventurose, non riuscì a distogliere Ettore dallo spingersi da solo fino alle frontiere più remote del Nuovo Mondo, nell’estremo west di San Francisco. Senza, però, tagliare il cordone ombelicale con la madre patria, sempre presente nel suo attivismo giornalistico e di operatore culturale. Infatti, pur saltuariamente, fece la spola tra America e Italia per tutta la vita (morto ottantenne) per coltivare interessi, passioni, legami familiari e sentimentali, descritti nel libro di Pellicanò con meticolosa abbondanza di particolari.
Nato in una famiglia istruita e benestante, già a Montecastrilli, Ettore s’appassiona alle sofferenze dei più deboli, ed è protagonista della nascita d’una Società Operaia (1883). A Milano, grazie all’attivismo politico e all’esperienza giornalistica presso importanti testate cittadine, intreccia relazioni con personaggi famosi vicini ai suoi ideali democratici radicali, socialisti e repubblicani. Ettore era un idealista vero. Basti considerare gli svantaggi conseguenti a essere repubblicano in epoca monarchica, per di più radicale e socialista, cioè coinvolto negli ideali sociali e istituzionali più “rivoluzionari” del tempo: a fianco delle classi subalterne, a favore di una prospettiva laica e repubblicana dello Stato, indipendente dall’influenza della Chiesa cattolica.
Zelante collaboratore di Ernesto Moneta – unico Nobel italiano per la pace -, quale segretario dell’Associazione Lombarda per la Pace, per Ettore quell’esperienza fu altrettanto “sovversiva”, rivelatrice dei suoi radicali sentimenti filantropici – a fine Ottocento -, in piena espansione imperialistica dei maggiori stati europei, e nella sorda incubazione di nazionalismi che di lì a poco avrebbe portato l’Europa alla micidiale carneficina, mai vista prima d’allora, della Grande guerra.
Durante lo svolgimento di lavori ingegneristici – prima ancora della laurea – incontrò Ada Negri, una “nuova Fata uscita dalle boscaglie del Ticino, dalle quali trabocca tanta passione d’amore e di bontà per l’umanità intera, per i miseri tutti e per i militi e le vittime del lavoro in modo particolare”, scrisse, Ettore, raccontando il primo incontro con la poetessa. Nella quale trovò subito una comune sensibilità umanitaria, che, aggiunta a “due occhi grandi, neri, incantevoli e pieni di pensiero”, fece scattare quella scintilla d’amore capace di legare due persone per la vita intera. Anche se un’altra passione irresistibile fremeva in animo a Ettore: visitare gli Stati Uniti; che poi, quella visita, si trasformò in scelta definitiva. Ada capì la forza attrattiva esercitata da quel lontano Stato nel giovane democratico, per le sue istituzioni repubblicane e per l’anelito di libertà che si era radicato nel nostro paese, invitandolo lei stessa ad “arrischiarsi”. “Gli dico sempre: il mondo è di chi lo piglia. Ci vuol coraggio e slancio per dominare l’avvenire”. Coraggio e slancio non mancarono a Ettore, che partì (nel 1893) lasciando la fidanzata implorante di portarla con sé, “ma con dolcezza, le feci capire che sarei ritornato presto. Andavo a vedere paesi nuovi e meravigliosi, di cui si esaltavano la libertà, la civiltà, le imprese virili e gigantesche ed i progressi parabolici e fantastici”. Gli innamorati mantennero un’affettuosa corrispondenza, sebbene Ada già presagisse quel distacco definitivo; a cui lei, almeno nelle intenzioni, non avrebbe voluto rinunciare: “sempre, dovunque, fra grandezze ed onte,/ anche lungi da me, tu resterai mio”, scriveva nella lirica inedita Mio.
Giacomo Pellicanò – riportando in questo libro brani di quella corrispondenza e delle liriche di Ada Negri, alcune appena abbozzate nell’impeto sentimentale -, fa capire di avere attinto a fonti riservate e inedite, delle quali forse più avanti ne farà una più estesa presentazione in un altro libro. Il materiale che già offre, però, è sufficiente a stimare il grado di coinvolgimento amoroso tra Ettore e Ada, le cui vite, infine, si separarono. Salvo brevi parentesi di nuovi incontri favoriti da situazioni fortuite, che riaccesero una fiamma diversa da quella giovanile, ma che non si spegnerà più, con pieghe emotive più partecipate e dolenti in Ada, perlomeno stando agli scritti.
Ettore, nel Nuovo Mondo, dirigendo “L’Italia – La voce del Popolo” realizza con successo le sue aspirazioni. Giornalista, fonde l’amor patrio con la difesa dei diritti e della dignità degli emigrati italiani. Di una Nazione che gli occhi del mondo vedono piccola, mentre per lui è grande per cultura e valori del suo popolo. Temi sui quali spende colonne infinite di piombo, riscattando gli emigranti spesso discriminati, mentre lui ne dimostra operosità, ingegno e onestà nel lavoro. Battaglie di lunga durata che mai lo scoraggiarono, sospinto nelle sue convinzioni sociali e patriottiche anche da eventi che lo colpirono particolarmente: l’Italia vittoriosa nella prima guerra mondiale, e l’avvento del fascismo. Che gli parve il provvidenziale elemento propulsore d’una Italia turbolenta e incerta nel destino. D’altronde simpatie fasciste, negli Stati Uniti, furono condivise anche dai vertici governativi: ricordiamo l’accoglienza trionfale dei trasvolatori italiani guidati da Balbo, accolti con ogni onore per le strade americane; ma, durante la seconda guerra mondiale, le stesse simpatie costarono a Ettore l’allontanamento da San Francisco e dal giornale, in seguito a maldicenze messe in giro artatamente da certi nemici personali. Per quanto, nel 1943, avesse ottenuto la riabilitazione, quell’allontanamento con infamia non giovò certo alla salute e al morale di Ettore, oramai quasi ottantenne.
Oltre la passione politica e giornalistica, lui s’era portato dall’Italia l’amore per la musica lirica; dispiegato anche in America da cronista e promotore infaticabile di eventi musicali. Ospitò nell’adottiva città di San Francisco, musici, cantanti, direttori di orchestra, sconosciuti e famosi. Tra i numerosi ospiti ebbe Mascagni e Caruso.
Colto, idealista, impegnato, generoso e onesto coi collaboratori come coi musicisti che accolse e favorì loro stagioni di successi e guadagni insperati. Sempre nel sottofondo patriottico e democratico, dedicato ai connazionali esuli che trovavano nel suo giornale il fulcro del riscatto e del rispetto. Egli stesso, in difficoltà finanziarie, colse, nel miglior modo, le opportunità offerte dal paese adottivo, dove, dopo grandi cadute, ai singoli e alla collettività, veniva dato modo di risorgere dalle macerie. (Ricordiamo il terremoto che devastò San Francisco e il crollo di Wall Street del ’29).
La vita di Ettore, non scevra da delusioni e dolori personali e familiari, fu caratterizzata dallo stesso ottimismo del giovane partito da Montecastrilli, attratto dal dinamismo economico e delle idee, dapprima in una Milano faro culturale politico e imprenditoriale di un’Italietta che ambiva star al pari dei grandi, e, infine, a San Francisco, la più occidentale delle città statunitensi, altrettanto dinamica in imprese culturali e ricca di un’economia derivante da generose risorse naturali e ambientali. Dov’egli fu capace di fondersi con passione nello spirito dei compatrioti emigrati, occupati nei lavori più disparati, eccellendo in attività come l’agricoltura e l’edilizia.
Più tormentata, almeno spiritualmente, fu la vita di Ada Negri, che dalle sofferenze – e la rottura del legame con Ettore fu senz’altro tra le più dolorose – trasse ispirazione poetica, rendendo dignità letteraria a visioni e sentimenti al femminile che finalmente s’imposero prepotenti nell’arte, nella cultura, nella politica. Visioni e sentimenti per lo più immutati nel tempo, ma repressi e di rado emersi in forme artistiche, per quanto intensamente vissuti dalle donne, come loro son capaci di esprimere e perseguire. Perciò, trasportati nelle avvincenti pagine di storia recente, un’idea esce rafforzata dal libro di Giacomo Pellicanò: i nuovi interpreti (giornalisti, letterati, artisti,…), che irrompono nella storia civile recente, portano pure una loro peculiarità di genere. Così, mentre in Ada Negri prevale la sfera affettiva in Ettore Patrizi l’azione e, può darsi anche, che tale diversità spieghi la loro duratura relazione.
www.ferrucciofabilli.it

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