Tino Lipparini, geologo esperto per l’Ufficio Ambiente del Comune di Cortona

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pozzoImpegnato, come sono, a scrivere sul Comune modernizzato che raggiunse e superò i vicini in molti servizi, negli anni 80, Cortona ebbe due emergenze ambientali: carenze d’acqua potabile nelle frazioni principali: Cortona, Camucia, Terontola, e località lungo la dorsale acquedottistica; e invasi di liquami suini a cielo aperto, diffusi qua e là,  che appestavano le falde freatiche; anche agli stessi allevatori.

Fu creato in Comune l’Ufficio Ambiente, consulente il geologo Tino Lipparini. Non ricordo chi l’avesse presentato. Curriculum professionale ricco: il numero 15 sulla tessera dell’ordine dei geologi testimoniava una lunga esperienza alle spalle.

I suoi studi – giacenti negli atti del Comune – individuavano possibili fonti cui attingere per potenziare gli acquedotti, compreso il principale. Come le captazioni d’acqua in piccole dighe di sbarramento sui torrenti in zona Valecchie, ed altre prese che non è necessario riferire. Risolta brillantemente la penuria d’acqua con nuovi pozzi a Montanare, sanate falle alla diga di Cerventosa, il progetto dighe a Valecchie fu accantonato. Però, evidenzio quell’intuizione lungimirante. Pensiamo ai fenomeni attuali di scarsa piovosità, per fronteggiare i quali sono indicate prioritarie, dalle autorità in materia, raccolte d’acque piovane prima ch’esse si disperdano. Di acqua, per usi civili  e agricoli, negli anni a venire sentiremo parlare tanto per penurie gravi.

Lipparini fornì anche altri suggerimenti. Su come rimediare agli alti consumi d’acqua minerale nelle scuole, avendo individuato in montagna sorgenti d’acqua minerale;  suggerì persino dove acquistare impianti d’imbottigliamento di seconda mano. Finito il mio mandato da Sindaco, quei suggerimenti rimasero sepolti nei cassetti. (Anche per la buona sorte dei venditori di acque minerali!).

Nei tre anni che Lipparini frequentò il Comune, ne apprezzammo competenze e versatilità nel rispondere alle più svariate domande sull’ambiente. Colpiti dal suo stile da gentiluomo. Longilineo, sobrio, pranzava con due uova al tegamino, schiena dritta pur prossimo agli ottant’anni; se estranei si affacciavano all’ufficio dove conversava con l’Assessore, scattava subito in piedi! salutando umile e rispettoso.

Sul dorso della mano aveva un grosso ponfo, chiedendogli perché non lo togliesse, rispondeva: “E’ una scheggia di guerra. Non la tolgo… è un monito continuo contro la guerra!” Allo scoppio della seconda guerra mondiale, si trovava per lavoro in Yemen. Esperto di prospezioni idriche e petrolifere, il Sultano lo confinò in un’ala del palazzo con donne del suo harem. Non intendeva farlo partire per l’Italia, dove Lipparini invece era intenzionato a tornare. Finalmente, riuscì a fuggire. Aveva già  discrete esperienze di traversate desertiche. (Nella sua lunga vita, confidava d’aver percorso gran parte dei deserti afroasiatici, gli mancava il Gobi, lacuna deciso a sanare). La fuga dallo Yemen si concluse in Libia, occupata dalle truppe Inglesi.

Nato nel 1905, antifascista, nell’ottobre del ‘26  finì in prigione sei mesi:  al buio, e a pane e acqua. Sospettato complice di Anteo Zaniboni, giovane anarchico attentatore di Benito Mussolini, in visita a Bologna. Tino apparteneva alla terza generazione di non battezzati. Tradizione familiare iniziata dal nonno bottaio a Roma, sotto il Papa re. Studente universitario, in bicicletta, armato di corda con gancio per arpionare i cassoni dei camion, visitò l’Est Europa fin dentro l’Urss.  Laureato in Medicina e Chirurgia, s’imbarcò clandestino in un mercantile. Scoperto, fu mezzo alla ramazza. Scoppiata un’epidemia nell’equipaggio, si offrì di curalo con successo. Così, fu tolto dalla ramazza. Laureato in Geologia, seguitò a vagare alla scoperta del mondo sfruttando soprattutto gli studi recenti: sul suolo e sottosuolo.

In Libia, nominato ufficiale dagli Inglesi, gli fu assegnato il comando di truppe di fede musulmana, del subcontinente indiano, per risalire in armi l’Italia, dal Sud. Lipparini vide che i soldati non usavano fucili ma l’arma bianca… Le cartucce, unte di grasso di maiale, si rifiutavano d’usarle. Quel metodo non prevedeva prigionieri: i nemici erano finiti sul posto! Alle rimostranze di Tino, risposero: “Se non ti sta bene, farai la stessa fine!” Durante la direzione all’Eni, Enrico Mattei, che investiva sui giovani, dette fiducia e amicizia a Lipparini: timido, semplice, già esperto di Yemen e Libia. In Iran, Lipparini, imbrogliando le carte topografiche agli Inglesi, fece ottenere ad Eni le migliori aree dove estrarre petrolio.

Nella Sala del Consiglio Comunale, Lipparini seguì, con l’assessore Fernando Ciufini, un convegno interregionale (Tosco-Umbro) sull’inquinamento suinicolo. Calcolati a Cortona 100mila suini, equivalenti per liquami prodotti a 1milione di persone. La temperatura fu alta tra Allevatori ed Enti Locali. C’era il Regolamento Comunale sugli scarichi, ma non essendo retroattivo, impediva casomai nuovi insediamenti, ma sugli esistenti era un’arma spuntata. Oltre lo scontro, si pensò anche   a collaborare: prospettando soluzioni realizzate in Nord Italia. Il tempo venne in soccorso a risolvere il conflitto: tra interessi economici e territorio costellato di laghetti di merda. Ferito nelle sue qualità: estetiche, idropotabili e puzza diffusa.

Di quegli anni, resta tra i tanti ricordi il talentuoso geologo Tino Lipparini, di vedute attuali, gran signore, modesto, come sanno essere i sapienti. In età da pensione, per mantenere due mogli, ancora percorreva l’Italia in treno (era senza patente), per suggerire rimedi a emergenze ambientali. Aveva promesso il dono della sua biblioteca al nostro Fernando, che fu impedito da un funesto incidente domestico. Tino morì all’improvviso (1991). Precipitò rovinosamente le scale di casa. Su Internet, al prof. Tino Lipparini sono dedicate pagine dense di vita opere titoli onorifici e accademici curate dal Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche (SIUSA).

fabilli1952@gmail.com

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