Roberto Borgni, scultore e pittore, esordì come poeta della notte

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Doriano Losi, ricercatore di memorie, ha recuperato una ponderosa Antologia dei poeti e prosatori nell’aretino, – Centrostampa Arezzo, 1978 –  in cui ha scoperto la presenza di tre artisti cortonesi, legati tra loro da amicizia e da una comune passione: la pittura, in tecniche e linguaggi diversi. I più anziani, già affermati e padroni della materia, Achille Sartorio e Enzo Olivastri (Paletta), fanno da cornice con tre loro stampe alla breve silloge poetica di nove poesie di Roberto Borgni. Del quale sappiamo gli sviluppi successivi, avendo abbandonato la poesia per l’arte plastica e figurativa, e la parentela con familiari quali Spinaldo Borgni, scuoino del macello comunale, capace di spogliarsi della cruenta veste lavorativa quotidiana tramutandosi in poeta dai delicati sentimenti amorosi per le donne e la vita. Come pure l’altro cugino di Roberto, Ademaro, capace di scrivere e parlar d’amore al punto d’esser considerato tra i più abili seduttori del tempo. Come si dice, la seduzione delle donne passa per l’udito. Roberto Borgni è innamorato della sua città, che percorre preferibilmente la notte, regnando silenzio e ombre fugaci di uccelli notturni, mentre la propria ombra di sghimbescio ne segue i passi, e gli scorrono nella mente fantasmi d’un mitico passato: guerrieri attenti e favole antiche. Quel carattere umbratile e solitario, che non lo abbandonerà mai, lo ritroviamo nella sua successiva opera scultorea e pittorica, e, anche per questo, è rilevante quella remota raccolta poetica. D’altronde, l’esperienza di vita che si tramuta in arte è d’ogni artista. In “Porta Montanina”, gloriosi fantasmi vegliano le mura a protezione del sonno degli abitanti. La realtà, di oscuri pipistrelli che si agitano nella notte e di un’edera scurita dal buio, crea immaginarie ombre di antichi guerrieri, fino al punto che il poeta si scansa: ‘ogni tanto mi sposto di lato/ per far passare/ i carri ed i cavalli’. Conoscendo Roberto, viveur, verrebbe da pensare a una intrigante miscela: tra il favoleggiare sulla storia antica, le ombre della notte, e una sorta di benefico etilismo che scalda mente e corpo creando nuove dimensioni di un reale fuso al fantastico. Stesso stato d’animo è rappresentato ne “La Fortezza”, la quale – piangendo lacrime di pietra ricorda battaglie ‘a difesa dei tuoi’- si trasfigura in montagna sacra: ‘Ed ora novello olimpo/ voli di falchi sopra le tue torri/ dettano auspici/ precedendo il destino’. Chiaro rimando alla Cortona lucumonia etrusca, coi suoi aruspici in grado di leggere presagi dal volo di uccelli. Il perché di un Roberto notturno è ancor più chiaro leggendo “Per le strade di notte”. Dov’è descritto il gioco tra il movimento del corpo, che procede sotto luci stentoree, e la sua ombra incessantemente in movimento. Si trova, in questa poesia, l’eco delle sculture come l’Ombra della sera di Giacometti e quella omonima etrusca, presenti al futuro scultore. Ma c’è di più. La propria ombra dinamica e sghimbescia è specchio di movimenti profondi, inquietudini, equilibri intimi difficili da stabilizzare alla ricerca di nuovi stimoli e curiosità. Preferendo la notte, quando è consentito viaggiare solitari, lontani dalla gente, liberi da conformismi, condizionamenti e pregiudizi. Soli con sé stessi. In Roberto la notte non è elemento gotico – di intrighi e violenze –, bensì è tempo d’appropriarsi d’una fantasia echeggiante miti antichi e battaglie interiori: ‘Allora mi racconta/ un’antica leggenda/ e a tratti tace/ per ascoltare nel vento/ echi di lontane battaglie’. In un’unica pagina, per brevità e assonanza tra morte e malinconia, due poesie “Non piangere” e “Nero”. Raccontano, la prima, la scomparsa d’una persona cara a Roberto a cui piaceva la notte, della quale poteva godere solo il tempo del sole a riposo, invece, nella morte la notte si dilata all’infinito. Facendo finalmente unire l’amico scomparso al suo ideale notturno. Nel “Nero”, protagonista è un melanconico suonatore di tromba che Roberto invita a suonare a perdifiato il pianto dello strumento, invitandolo a chiuder gli occhi per nascondere le lacrime d’emozione. Piacere e sofferenza, mescolati, devono esser riservati a sé stessi. Non è egoismo altezzoso, bensì sofferenza e passione richiedono intimità. La dichiarazione d’amore spudorata di Borgni per la notte è nella poesia “Amanti”: ‘E ogni sera/ mi porta con se/ nel suo manto/ dove restiamo in amplessi infiniti/ finché non va,/ per tornare sempre,/ lei, la notte,/ mia amante fedele’. Vera e propria ossessione da innamorato viscerale per la notte, alla quale attribuisce sembianze affettive come fosse un’amante fedele. D’altronde la notte per ciascuno è la “sua” notte, senz’altre ingerenze. Così come scenario d’amore è “Cortona” ‘adagiata su un cuscino di olivi’ le cui ‘notti/ silenziose e d’argento/ dettano dolci parole/ ad un vento poeta’. E quali migliori cantori di Cortona sceglie Borgni? ‘La tua storia è una favola/ e le rondini la raccontano/ nei paesi lontani’. I frinii primaverili ed estivi delle rondini associati al suono armonioso delle campane sono ricorrenti negli artisti cortonesi (penso a simili echi di campane nella “Ghirlandetta” del Vescovo Franciolini), e sicuro fascino per ogni viaggiatore. Fin qui potremmo dire d’un Borgni fuori dal presente, calato in un tempo metastorico in cui si fondono presente e passato… Quando incontri la poesia dedicata alla tragedia del treno “Italicus” esploso in una galleria appenninica, in una calda estate degli anni settanta. Anche per quella tragedia, pur in un contesto italiano di stragi, Roberto va al nocciolo tornando al suo tempo metastorico: è la follia umana che semina morte. ‘Camminava la morte col treno/ quella notte/ lungo le rotaie del destino/ divorò famelica/ ignare vittime dell’umana follia’. E lo strazio è massimo, nell’amara chiusura, laddove s’interroga: ‘Chissà se c’era la luna/ quella notte/ ad illuminare la mano d’un bimbo/ quattro metri di là delle rotaie’. Più grave è la profanazione della vita, specie d’un bambino, ma anche la “sua” notte è stata violentata perché la notte del Borgni è sinonimo di vita non di morte. Chiude la serie delle nove poesie “Atmosfera”, tributo a un anonimo artista. Colui che posando le mani sulla tastiera crea nel silenzio un’atmosfera magica, che distende e trasporta in un religioso torpore. Atmosfera nella quale vorremmo chiudere gli occhi e viverci per sempre.
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