“PENSARE L’ISLAM”, NON E’ PIÙ HAREM E ODALISCHE

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Dall’Oriente islamico, prima delle minacce terroristiche attuali, arrivava un carico prezioso di curiosità stimolanti. Le figure fantastiche di Mille e una Notte sono nel nostro immaginario al pari dei personaggi dei Fratelli Grimm. A me piace ricordare la poesia persiana di Omar Khayyam, il sufismo della danza e della meditazione,  le architetture e gli arabeschi colorati delle splendide costruzioni di Samarcanda, le civiltà Sumera e Babilonese, gli scienziati e filosofi  arabi che hanno dato stimoli culturali eccezionali all’Europa medievale, in campo medico, scientifico, filosofico, letterario,  risvegliando l’interesse per la cultura classica Greca, i monumenti lasciati nel Sud Italia… insomma l’elenco di suggestioni provenienti dal Medio Oriente sarebbero infinite, insieme, purtroppo, alle Crociate e alle battaglie che per lunghi secoli hanno caratterizzato i rapporti dell’Europa coi suoi vicini arabi, turchi, ecc..

Dall’esotismo dei “profumi d’Oriente alla dura realtà odierna.  Siria e Libia son vicine, dove si combattono guerre infinite e crudeli sul cui senso può perdersi anche l’osservatore più attento. Daesh, Isis,Stato Islamico, sono la stessa cosa, curdi, sunniti, sciiti, siriani oppositori e lealisti, russi, iraniani, coalizione occidentale, arabi del Golfo…potrebbe seguitare la lista infinita e inestricabile di contendenti senza venirne a capo. Capire come evolveranno gli scenari, anche solo com’esercizio intellettuale, è impossibile. Alla tragedia dei teatri di guerra aggiungiamo le stragi in Europa, soprattutto in Francia,  da Charlie Hebdo al Bataclan, che anche il più distratto osservatore non può non collegare alla questione aperta: il rapporto tra Occidente e l’Islam.

Sto dalla parte chi è sempre contro ogni guerra, in ossequio al più importante comandamento “non uccidere” dall’Afganistan all’Iraq alla Libia, come disapprovo quella contro lo Stato Islamico. Secondo fonti militari americane l’esito a oggi di questi conflitti sarebbe già di quattro milioni di morti, in prevalenza civili (vecchi, donne e bambini), senza contare l’altra tragedia collaterale dei sopravvissuti: l’esodo apocalittico verso l’Europa, costringendola a misurarsi con miserie sue e importate

Sulle cause di tutto ciò convergono analisti di vari schieramenti politici dotati di onestà intellettuale: l’Occidente minaccia i regimi islamici perché “controllano sottosuoli e territori di vitale importanza per il consumismo mondiale e di rilevanza strategica per gli equilibri planetari” e non c’è da meravigliarsi che essi “manifestano la volontà di essere sovrani in casa propria, intendendo vendere il proprio petrolio e i prodotti del sottosuolo al proprio prezzo e autorizzare l’uso delle proprie basi soltanto agli amici, cosa perfettamente legittima, dal momento che il principio della sovranità nazionale non prevede eccezioni”. “Se i diritti dell’uomo fossero la vera ragione degli attacchi […]al fianco degli Stati Uniti, perché non dovremmo attaccare anche altri Paesi che violano i diritti dell’uomo e il diritto internazionale? Perché non bombardare la Cina? E Cuba? L’Arabia Saudita? L’Iran? Il Pakistan? Il Quatar? O anche gli stessi Stati Uniti, in cui si continua ad applicare implacabilmente la pena capitale? O addirittura Israele, che da tempo immemore le risoluzioni dell’ONU condannano per la sua politica di colonizzazione dei territori palestinesi? Basta leggere i rapporti di Amnesty International per scegliere i propri obiettivi: c’è l’imbarazzo della scelta…” Pensieri simili al virgolettato, sulle cause delle guerre in atto, l’ho sentite anche in una trasmissione televisiva da Buttiglione (filoamericano, esponente del Centrodestra italiano), ma, in questo caso, sono di Michel Onfray nel libro Pensare l’Islam, allegato al Corriere della Sera. Di cui consiglierei la lettura.

In questo libro, si da un semplice suggerimento: invece di guardare il manubrio della bicicletta è necessario guardare la strada, che è la storia del perché e percome nascono i conflitti. Di come sia stato “inventato” il terrorismo di Bin Laden, contro l’avventura Sovietica in Afganistan, di come Bush abbia dichiarato guerra all’Iraq, con la sciagurata messinscena all’ONU del generale Pawell ostentando una provetta con false tracce di armi chimiche, non possedute da Saddam Hussein. Tutto ciò in funzione di interessi economici,  non certo umanitari, per svuotare arsenali di guerra, provocando quella che il Papa ha definito la “terza guerra mondiale”. Per i soldi!

Già i soldi, gli stessi  che con il trattato di Maastricht han fatto virare l’Europa verso un liberismo economico catastrofico, col pretesto del mercato mondiale, aumentando precarietà nel lavoro, disoccupazione, inizio del crollo del Welfare di cui l’Europa, invece, avrebbe dovuto esportare il modello nel mondo. La politica ha abdicato al suo ruolo in favore della finanza, con gli esiti sotto gli occhi di tutti. Il ritorno alle leggi della giungla, degli inizi della industrializzazione. E così l’Europa è entrata in una guerra civile al cui termine non c’è altro che il collasso. Guerra civile e collasso, descritti da Onfray: “i soldi che dominano sovrani, la scomparsa di punti di riferimento etici e morali, l’impunità dei potenti, l’impotenza dei politici, la perdita di senso del sesso, il mercato che detta legge dappertutto, l’analfabetismo di massa, l’ignoranza di chi governa, la scomparsa delle comunità familiari e nazionali in favore delle tribù egoiste locali, la superficialità assunta a regola generale, la passione per i giochi del circo, la perdita del senso di realtà e di trionfo della negazione, il trionfo del sarcasmo, dell’ognuno per sé…” “Una coalizione non è possibile né pensabile. Quando una civiltà collassa e un’altra sembra in piena ascensione planetaria, si crea una relazione tra il più debole e il più forte. E non si è mai visto che un ex forte diventato debole, l’Occidente nel nostro caso, venga considerato con magnanimità, generosità e clemenza dall’ex debole diventato forte..”

Sono queste alcune considerazioni realistiche, osservando i problemi dei due blocchi continentali tra loro contigui, l’Europa e il Medio Oriente, contenute nel libro di Onfray, che affronta pure la questione: è  guerra di religione tra Islam e Occidente?

Pur non essendo la causa, ma uno dei corollari usati per giustificare nefandezze compiute su persone e cose. Ogni religione monoteista, cristiana, ebraica, musulmana, nei testi sacri prevede misericordia o morte all’infedele. Soluzioni estreme e contraddittorie, nel corso dei secoli tradotte in drammi. Basti ricordare le Crociate, la decimazione dei nativi americani, l’Inquisizione,…le guerre di espansione islamiche… o violenze descritte nella Torah fin alla questione palestinese.

Michel Onfray, filosofo francese che non disdegna osservare l’attualità , nel libro non trascura le responsabilità delle lobby (industriali del petrolio e degli armamenti in primis)  e le debolezze della politica, ma risulta interessante anche nel trattare a fondo i connotati del mondo islamico. Sui quali i media (giornali e televisioni) non si soffermano che su dettagli utili solo a suscitare emotività, far audience e vendere pubblicità (che è l’unico padrone a cui rispondono) non interessati al “pensiero” distaccato, analitico, lucido, indispensabile a farsi una idea su quanto sta accadendo. Come fu irriso il romanzo Sottomissione di Michel Houllebeq, che si svolge in una Francia oramai islamizzata dopo un secondo mandato di Holland, i politicamente corretti gli rimproveravano di annunciare una guerra civile, e, i più spiritosi, gli rinfacciarono che se guerra civile ci fosse stata tra quindici anni la causa sarebbe stata il suo libro! Sfortuna ha voluto che dopo poco l’uscita di quel libro, il 7 gennaio 2015, c’è stata in pieno centro a Parigi la strage dei vignettisti di Charlie Hebdo. Un’operazione terroristica curata in ogni dettaglio militare e politico!

Come semplice invito alla lettura, non intendo riassumere Pensare l’Islam, bensì accennarne elementi d’un contesto molto più denso e vasto che han fatto riflettere prima di me, condividendolo in toto, la redazione del Corriere della Sera che ha dato al libro un sottotitolo significativo: Un libro spregiudicato sulla religione, il terrorismo e le responsabilità dell’Occidente. Compresi suggerimenti come non soccombere alla deriva irrazionale, superficiale, piegata a interessi di parte che caratterizza prese di posizioni politiche pubbliche  di “destra” e di “sinistra” trasmesse ed enfatizzate nei media.

Onfray sul futuro è pessimista, partendo dal pensiero sbagliato sull’Islam imperante in Francia (in Italia, lo scenario è quasi identico). Perciò il suo libro è uscito solo all’estero, per non metterlo nel tritacarne mediatico, evocando la scena dei commensali di Voltaire che giocavano con il cretino, finendo gli stessi per concludere la disputa a ruoli invertiti, da furbi a cretini. E i tempi sono tali che Pensare l’Islam non è più solo questione riservata alla elite culturale o ai media, ma è di tutti.

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