La panchina dedicata ad Alfredino Bianchi a Camucia

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Alfredo BianchiAmici irriducibili del farmacista Alfredo Bianchi hanno festeggiato con sobria cerimonia laica, bagnata da semplici bicchieri di vino, la posa d’una panchina in Piazza XXV Aprile a Camucia; posto ritenuto appropriato e definitivo. Il 27 giugno, alle 21.00. Ora e luogo simbolici, legati ambedue alle abitudini dell’indimenticato Alfredino. Il quale, nei crepuscoli estivi, seduto lì, raccoglieva a chiacchiere e burle buontemponi come lui. Quel simbolico memoriale – la panchina -, a chi non ha conosciuto Alfredino, suggerirà almeno la pacifica condivisione d’una seduta: dove conversare con chiunque abbia “cinque minuti da perdere” cazzeggiando in attimi di leggerezza…antidepressivo naturale. Chi sa le vicende di Camucia nel boom economico capisce i motivi per cui Alfredino, col suo teatro di strada estivo, avesse voluto rinverdire atmosfere rese fantastiche da generazioni coeve dei suoi genitori. Quando gli svaghi erano pochi e concentrati a fine settimana: la televisioni in bianco e nero, seguita in massa negli spettacoli del sabato, la pizza, e il cinema. E la “vegghja” tra fidanzati. Mentre nello spiazzo Camuciese,  tra l’Extra bar l’Edicola e via Regina Elena, tutte le sere c’erano spettacoli nazional-popolari… Teatro di strada senza copione. I cui protagonisti principali erano attori navigati che, ridendo e scherzando, sguazzavano su pettegolezzi, commenti politici, sportivi, e ogni altro genere di notizie che si prestassero a irridenti commenti. Nei modi tipici  comuni, da sempre, della Toscana profonda: diretta, pettegola, beffarda, battutista, anticonformista, senza timori reverenziali. Tradotta magistralmente nel Decameron di Giovanni Boccaccio, nella serie dei film Amici miei di Mario Monicelli, e ancor viva, in spolvero scritto e caricaturale, nel Vernacoliere livornese. Nell’apparente anarchia, c’era spazio per ogni argomento e per chiunque volesse dir la sua; qualcuno, in disparte, trattava pure affari. E come in ogni spettacolo, sulle comparse svettavano i capocomici. Quale fu Edo Bianchi (babbo di Alfredino) –  farmacista dal sapere enciclopedico, compulsivo bestemmiatore ma non ateo, appassionato cineasta e di modellismo, hobby condivisi  con Giandomenico  Ciculi – capace di intervenire tra il serio e il faceto su qualsiasi questione. Educatore e informatore gratuito di gente dedita tutto il giorno al lavoro e agli affari, e di rado a sfogliare giornali e libri. E Alfiero Pelucchini, il Pittiri, parvenze intellettuali, albergatore, imprigionato per lenocinio, modi eleganti e linguaggio forbito, lui i giornali li leggeva e li commentava. Vulcano in eruzione, quando trattava le intromissioni frequenti della Chiesa sulla vita politica. Favorevole al divorzio, auspicava pure il matrimonio dei preti, per la fissa di poterli finalmente cornificare, come loro facevano impuniti senza possibilità d’essere ripagati della stessa moneta. Destino volle che lo zio prete gli lasciasse un bel gruzzolo in eredità!… Altri ancora erano i protagonisti di quegli spettacoli a cielo aperto, meno assidui dei due – Edo e Alfiero – residenti a pochi passi dalla Piazzetta; tra costoro  ricordiamo: il Ghjoghjolo, il Mèchena, il Principino, Bruggiamanne,… Quel mondo folkloristico si dissolse pian piano, venendo meno i protagonisti, ed essendo subentrati nella società nuovi e più variegati approcci al tempo libero, specie nei dopo cena. Alfredino – goduta la fortuna di quelle animazioni a costo zero, ed ereditate da Edo doti comunicative, umore scherzoso e socievole – spontaneamente, seduto nella solita Piazzetta, creò intorno a sé frotte di buontemponi par suo, rinverdendo così passati gioiosi memorabili. Le persone presenti nella fotografia, insieme ad altri (Patrizio Sorchi, Alberto Salavatori, Euro Attoniti,  Giandomenico Gorgai, Elvio Bartolozzi, Angelo Rosadoni, Franco Colzi, Giulio Picchi, Ceccarelli Romeo, Massimo Castellani, Ivo Camerini, Poldo) hanno contribuito a postare quel ricordo per Alfredino. I memoriali, solenni o modesti, sono sempre significativi. In questo caso, dell’affetto per un amico perso troppo presto, la cui umanità è riassunta nella panchina: ospite di viandanti in momenti spensierati, favorendo incontri tra vecchi e nuovi conoscenti. Niente di meglio, dopo lunghi periodi d’isolamento sociale vissuti in pandemia. Mancherà, purtroppo, Alfredino. Mentre resistono ancora altri. Come Alberto Salvatori, il Bambara. Compagno di zingarate di Alfredino, epigono Boccaccesco, le cui storie che tiene segrete sarebbero in grado di ridefinire l’immagine di Camucia: non solo laborioso paese di provincia, ma anche parente del luogo sessualmente trasgressivo rivelato nei I peccati di Peyton Place, scritto all’epoca (1956) dalla casalinga americana Grace Metalious.

fabilli1952@gmail.com

Alfredo Bianchi - Panchina la targhetta sulla panchina Alfredo Bianchi - Panchina 2i protagonisti principali della collocazione del piccolo memoriale

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