JE SUI CHARLIE, TROPPE LACRIME DI COCCODRILLO

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Le reazioni alla carneficina nel settimanale “irresponsabile” francese CHARLIE-EBDO sono state una cartina di tornasole universale sul modo di intendere la libertà di stampa e di espressione. Sincera e massiccia è stata la partecipazione del “popolo” francese – e con esso quanti nel mondo hanno a cuore la libertà tout-court – allo sgomento doloroso. Tutti innamorati dell’insuperabile motto Volteriano: Non condivido le tue idee, ma darei la vita per lasciartele esprimere!  Nell’altra sponda si sono collocati quanti sono stati e sono sinceramente Anti-Charlie, i reazionari di tutto il mondo.  Alcuni dei  quali – per non essere considerati alla stesa stregua dei terroristi assassini – hanno condannato il delitto, ma si sono dichiarati contrari all’uso della libertà di stampa, quando questa è offensiva, blasfema, oscena, bla bla.

Ci sarebbe da discutere a lungo sui concetti di offesa, oscenità e blasfemia, basterebbe guardarsi in torno per rendersi conto quanto c’è di offensivo, blasfemo, e osceno nei comportamenti quotidiani di stuoli di uomini di stato e religiosi, senza che, però, ciò indigni i benpensanti che si richiamano a valori “democratici”, “cristiani”, “musulmani”, o “ebraici”… E che dire poi delle teorie che sottendono a tali ipocriti comportamenti, come l’imposizione della democrazia con le armi, o l’imposizione di fedi religiose (presenti, ma non dimentichiamoci anche del passato)? Al contrario, che io sappia, ancora non si è verificato alcun caso di imposizione di idee libertarie o libertine. Un libello o un giornale libertario – per quanto sgradito –  non è stato mai imposto di leggerlo a nessuno, né con la legge, né con la forza. Anzi, a costoro si sa quali trattamenti sono stati loro riservati: rogo, crocifissione, torture, prigione, confine, gulag…In nome di che? Della “verità” dei dominatori! A cui, con le buone o le cattive, sono stati – e lo sono tutt’oggi – obbligati milioni di uomini.  Salvo poi, in rare eccezioni, ammettere a babbo morto che ci si era sbagliati!

L’altro aspetto non secondario emerso nell’eccidio del 7 gennaio a Parigi è la contestazione, se non la negazione del diritto di satira. Cioè il manifestare attraverso lo sberleffo, la presa in giro, la critica più irriverente verso personaggi, riti, credenze che condizionano – a giudizio di alcuni – negativamente, se non dannosamente l’esistenza umana. Mentre, al contrario, sarebbe sacro e intoccabile il loro “verbo”, magari frutto di fede, se non addirittura parola di Dio. Innanzi tutto vedo estreme contraddizioni tra quanto – politici o religiosi – dicono e i loro comportamenti (e su questo oceano di ipocrisie il pesce satirico ci sguazza),  per non parlare delle intangibili “verità” per le quali è stato insanguinato il mondo. Quale sarebbe la tenera innocenza, mettiamo religiosa, che può essere posta la di sopra di ogni sospetto? Di non essere frutto di invenzione, di credulità, di favole trasformate in verità storiche? E il satirico, da che mondo è mondo, non infierisce verso il basso, la vittima, ma verso l’alto: il dominatore, o presunto tale.

So benissimo la posta in gioco per tutte le parti in campo. Per i libertari tout-court, per i loro avversari e per chi, invece, “sopporta” una libertà condizionata. E non oso illudermi che d’un colpo l’umanità si trasformi in tollerante, che sarebbe la premessa di un salto in avanti di civiltà  incredibile. Speravo almeno che la morte dei giullari di Charlie-Hebdo avesse rimosso certi pregiudizi, considerando la libertà di stampa (sguaiata quanto vuoi) un patrimonio comune, da contrapporre all’inciviltà e all’intolleranza.

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