EDO BIANCHI, farmacista, cultura enciclopedica e fantasia da ragazzo per il gioco

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PRIMA_COVER_TUTTI DORMONO copiaFu battezzato Alfredo, ma essendo figlio di Alfredo all’anagrafe lo ridussero in Edo. Il padre aveva aperto una farmacia a Camucia nel 1925, in via Regina Elena, pur non essendo laureato, nominando direttrice una farmacista, finché non giunse Edo col  titolo di studio giusto a sancire l’unità aziendale tra proprietà e direzione della Farmacia… Alfredo Bianchi.

Edo il farmacista, vorace studioso capace di spaziare nei campi più disparati del sapere, coltivava le passioni con grande meticolosità: ad esempio, quando fu attratto dalla prestidigitazione si faceva mandare pubblicazioni dall’America (Las Vegas), dall’Inghilterra e dalla Francia, per apprendere direttamente i trucchi più innovativi, essendo capace di leggere e capire sia l’inglese che il francese. Per il gusto di sapere, ma anche di stupire e insegnare ai numerosi e fedeli amici gli ultimi giochi appresi.

Dietro un fisico da intellettuale, dalla classica pancetta, nascondeva lo spirito atletico del giocatore di calcio. Ogni giorno, dopo pranzo finché non riapriva la farmacia, trasformava il sagrato della chiesa, dietro casa sua, in campo di calcio in una sfida continua con l’antagonista fisso: lo scarpaio Giando (Giandomenico Ciculi). Siccome gli piaceva vincere sempre, e ci riusciva, prendeva nella squadra da lui capitanata i migliori ragazzi che si presentavano a tirar di calcio. Ragazzi che magari già militavano nella locale squadra del pallone. Tra i più assidui ricordiamo: Rossano Romizi, Camillo Ghezzi, il Bufalini, Bartolozzo e il figlio Alfredino, che spesso era stretto tra due fuochi: il babbo Edo che lo incitava  a tirar calci al pallone e la mamma che dalla finestra lo richiamava: “Alfredino, vieni a fare i compiti!”. Il babbo trattava il figlio da fratello, portandolo sempre con sé nel tempo libero dal lavoro e dalla scuola. La mamma invece era propensa a tenerlo discosto dal padre, specialmente quando l’uomo si abbandonava alle intemperanze verbali, per qualche contrarietà di gioco, spargendo in aria rosari di bestemmie! Che, nel piazzale della chiesa, immancabilmente fiorivano ad ogni istante sulla bocca dell’assatanato sportivo farmacista. A quell’andazzo di blasfemia giaculatoria dovettero mettersi l’animo in pace pure i preti don Brunetto e don Aldo, era il farmacista…come rimproverarlo! Oltretutto sua moglie era la stacanovista tra i fedeli partecipanti ai riti religiosi, e sempre pronta a segnarsi con la croce a ogni bestemmia del marito che le giungeva alle orecchie. Anche se, a onor del vero, Edo non era amorale o anticristiano, ma il moccolo gli veniva spontaneo come fosse un’interiezione, da toscanaccio. (Secondo il sociologo Vittorio Dini tale mania giaculatoria, tipica toscana, sarebbe derivata da una tradizione precristiana, allorché nei pagus i contadini usavano recarsi nei crocicchi campestri – dove si pensava stazionassero gli spiriti – a incitarli, anche con male parole, affinché proteggessero la famiglia, le coltivazioni e gli animali domestici).

La consuetudine delle partitelle postprandiali finirono per un dispetto di Giando, stanco di perder sempre, sgambettò Edo sul marciapiede, al quale, cadendo rovinosamente, gli si ammaccò un ginocchio invalidandolo e facendogli perdere la voglia di giocare. Tuttavia l’incidente non guastò l’amicizia tra i due, che condivisero nell’arco della vita gran parte dei loro hobbies. Prendiamo il modellismo. Edo, nel 1972, aveva acquistato i pezzi per ricostruire la mitica nave Victory di Orazio Nelson, che nei dopocena ricompose diligentemente, facendosi predisporre il cordame dalla moglie di Giando. Lo stesso amichevole sodalizio, allargato a un gruppo di amici che si era consolidato nel tempo, si dedicò alla costruzione di modelli di auto, aerei,… giocattoli telecomandati; Alfredino non dava una mano, ma ne approfittava come giocatore. I modellini semoventi che più attizzavano Edo erano gli aerei per il suo gran desiderio di volare, senza per altro potersi togliere, in tutta la vita, la soddisfazione di quell’esperienza, almeno una volta. Fu una dei pochi desideri insoddisfatti del farmacista. E anche i modellini volanti creati da Lui, il più delle volte, a sperimentarli era Mauro Zucchini, avendo più tempo da perdere.

Nel tempo era maturato a Edo un pallino intrigante: la fotografia e la cinematografia, dotandosi dei migliori strumenti in commercio, compresa l’attrezzatura per lo sviluppo con cui nottetempo in farmacia armeggiava anche per la meraviglia del figlio che assisteva alla trasformazione dei negativi in immagini stampate. Ancor più impegnativa fu l’esperienza cinematografica, dov’erano coinvolti il solito Giando, lo Zucchini, Rolando Cangeloni, Ivo Broccolini, personaggi che oltre a dare il loro apporto tecnico e creativo, s’impegnarono anche a insegnare ad altri amatori l’arte della ripresa, della sceneggiatura, dell’allestimento della colonna sonora… Si era creato insomma un gruppo di cineamatori quasi professionali che si cimentarono in numerosi lungo e cortometraggi, in cui furono coinvolti loro stessi come attori, affiancati da protagonisti occasionali in parti, spesso, consone  alle rispettive attitudini quotidiane: come il giocatore di pallone Rossano Romizi o lo stracciarolo Aldo Cardosi, presenti nel lungometraggio intitolato “Il falso Michelangelo” – giunto secondo al premio Viareggio. In cui il collante della storia è un biglietto da diecimila lire con il Michelangelo in una facciata, ma di quelli falsi emessi dalla Kraft per pubblicità. La scena inizia con un Camuciese emigrato che torna dopo anni al paese d’origine facendo visita a un amico che, durante una passeggiata insieme, raccoglie da terra la famigerata banconota e se la mette nel portafogli. L’amico ritornato, frustato dalla esclusione da un qualche beneficio derivante dalla banconota, aggredisce il compare maltrattandolo. Mentre  tra i due si sta chiarendo che era uno scherzo, la banconota prende il volo e cade nei pressi del giovane calciatore Rossano che, palleggiando, sognava di comprarsi un paio di scarpette chiodate nuove. Con quella manna piovuta dal cielo il ragazzo va dallo scarpaio Giando per realizzare il suo sogno,  e che, durante la prova delle scarpe – in dissolvenza -, si vede giocatore con la maglia amaranto dell’Arezzo. Ma al pagamento gli viene contestata la falsità delle diecimila, gettandolo nello scoramento, e, mesto, si reca al bar del Baffo. Dove, imbronciato, prima si nega agli inviti dei coetanei a giocare al bigliardino, poi accetta, gettando per strada la moneta falsa. Passando di lì il raccatta robe Aldo Cardosi – dello stesso mestiere nella vita reale –  non fa a tempo a impossessarsi del Michelangelo falso che viene investito da una autovettura davanti alla farmacia del Bianchi. L’incidente però si risolve senza danni per Aldo che convinto trattarsi di un miracolo, avvenuto sotto lo sguardo della statua di Cristo Re collocata sul frontale della vicina chiesa, deposita la moneta come elemosina nel santuario. Il film si chiude con il gobbetto Aldo che s’allontana caracollando lentamente in dissolvenza. (Superfluo dire che la dissolvenza ancora fosse capacità tecnica da professionisti).

Edo, ammiratore della cinematografia francese propensa al surrealismo, rivela questa vicinanza già nel titolo del corto: “La foglia morta”. Dalla trama semplicissima. Nel viale della stazione di Camucia (l’unico alberato sui due lati) c’è un assembramento circolare di persone che  guardano in basso. Finché sopraggiunge un medico in Ape, che entra nel cerchio, si abbassa, e dopo un po’ rialzandosi fa cenni col capo che non c’è più nulla da fare: è la prima foglia morta d’autunno, che appare lentamente in primo piano.

Nel gruppo di cineamatori – invertendosi anche i ruoli: Edo e Giando, in particolare, si mutavano una volta da registi e l’altra da compositori di colonne sonore – c’era un certo eclettismo nei generi: dalla commedia, al comico, al western,…dove tutti si intromettevano nelle scene come protagonisti di scazzottate, accoltellamenti, sparatorie,…ragazzi attempati in vena di giochi pazzerelli col pretesto del cinema. Edo amava la spiritosaggine. Consumato barzellettiere, raccoglieva pure spunti dalla realtà, trascrivendoli nei suoi appunti. Come quello dell’allevatore che gli chiese “una pasticca per far tornare la troia al verro”, o l’altro che voleva “una aspirina fosforescente” o di chi gli glorificava un felice incontro con una donna speciale: “E’ una puttana, ma seria, seria!…”. Avendo il dono di ispirar fiducia, spesso gli toccava il ruolo di confidente su questioni personali, quelle che, ovvio, non trascriveva nei diari.

Uguale fiducia non l’ebbe dal Vescovo, che gli negò il beneplacito di partecipare alla trasmissione televisiva Campanile Sera.  (Gioco a quiz in cui erano in lizza due città). Per il Vescovo era pericoloso far rappresentare Cortona da quel pozzo di sapere, purtroppo però bestemmiatore compulsivo. Che fu lasciato a patire, attaccato al telefono presso il Ristorante Tonino, mentre comunicava le risposte tutte corrette alla piazza, che non seppe trasmetterle altrettanto correttamente al concorrente che alla fine del gioco azzeccò una sola domanda! Ovviamente travolto da una gragnola di bestemmie e vaffanculo, non solo di Edo, per la figuraccia di Cortona in visione nazionale.

Il farmacista trasmetteva il suo sapere enciclopedico non da saccente, bensì gentilmente: “incantava con le sue parole”, affermava il prete di colore Jean Marie. Che spesso gli faceva visita a domicilio quando non poteva più muoversi da casa a causa di ginocchia malandate. O come testimoniava la sua collaboratrice domestica, una donna di estrazione culturale non elevata, che ebbe a dire: “Ho imparato da Edo in poco tempo tante di quelle cose, più di quante ne avevo apprese in tutta la vita!”

E, finché si era potuto muovere, aveva dispensato la sua conoscenza, mescolandola con ironia (e qualche moccolo d’interiezione), agli avventori della sua farmacia, o in piazza o nei bar senza la boria dei sapienti. Un modo di contribuire alla crescita dello spirito critico e della curiosità di gente magari più presa dall’agire che dallo studio, andando a braccetto (idealmente s’intende) con l’altro nouveau philosophe camuciese il Pittiri, anch’egli impegnato a insegnare a chiunque il pensiero libero.

Figlio di un socialista, Edo si professava radicale ante litteram, una sorta di liberal all’anglosassone, affiancato dal Pittiri un sui generis anarco- comunista. Ambedue popolari nella nascente cittadina di Camucia, perché attenti e coinvolti nella vita comune della gente. Edo aveva pure versato un contributo alla costruzione della locale Casa del Popolo (lasciata ignominiosamente in degrado), e, pur non essendo iscritto ad alcun partito, capace di un attivismo politico e culturale prezioso e raro.

 

 

 

 

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